New York

East Coast, viaggio a New York, Chicago, Boston e Philadelphia

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Analizzo le mete “adatte” al mese: Mongolia.. biglietto aereo troppo alto, Indonesia.. troppo inflazionata, Namibia.. no senza macchina.. ecc ecc.. e dopo aver girato virtualmente il mondo un centinaio di volte la soluzione migliore risulta essere la destinazione che meno mi attraeva.. Dopo i recenti soggiorni a Cuba, in Vietnam, Cambogia e nord Africa, è arrivato il momento di incontrare l'epico nemico: volo negli States! Il nemico sarà simpatico, politicamente corretto e, sorridendo, ti saluterà per strada..

Ho prenotato il volo tramite Skyscanner (Air France con scalo al Charles de Gaulle di Parigi + Delta AirLine con arrivo a Philadelphia) e decollerò dal Marco Polo di Venezia. Avendo acquistato il biglietto dieci giorni prima della partenza e per di più in agosto, pago quasi il doppio rispetto al normale prezzo: 735.00 euro e in più LastMinute.com pensa bene di addebitarmi altri 40,00 euro per il saldo con carta di credito.. (è forse possibile pagare in altro modo?..).
La sera prima della partenza riguardo per l'ennesima volta “Manhattan” di W.Allen (non potrei affrontare la grande mela senza!), infilo nel bagaglio ciceroni dell'America (Bukowski, Faulkner, Chandler) e sono pronta per partire.. per la Lonely Planet non c'è mai spazio.. al suo posto apertura mentale e fantasia..

Arrivo all'aeroporto di Philadelphia alle 7 di sera. Rientrerò in Italia tra tre settimane. “No, non mi sto apprestando  a visitare qualcuno.. no, non ho piani precisi.. no, non sono qui per lavorare.. sì viaggio sola..” il poliziotto è troppo stupito e non deve essere troppo convinto tant'è vero che, mentre vedo sorpresa tutti i miei compagni di aereo dirigersi all'uscita, io vengo mandata con un sinistro malloppo tra le mani in un ufficio con tre agenti che mi guardano come fossi un insetto..

secondo interrogatorio.. paziento un'ora prima che si convincano che non sono una terrorista e col passaporto finalmente timbrato recupero il mio zaino che solitario, in un girotondo infinito, scorre sui nastri del recupero bagagli.

Mi accorgo subito che il telefono non dà segni di vita. La tecnologia del mio cellulare è troppo antiquata per le reti statunitensi..
Uscita dall'aeroporto mi addentro nella notte assassina. Non so dove dormire, non molto intelligente non aver prenotato in agosto, arrivando di sera, sola. E quello che sembra offrire la città sono soltanto alloggi da “mille e una notte”.. tutto il low cost è esaurito.. Ma il nemico è più che ospitale e quando sto iniziando a preoccuparmi, due stravaganti single (Mike & Mike) sentendo che sto cercando alloggio, mi accolgono nel loro appartamento nel centro di Philly..

Da Philadelphia in un paio d'ore posso raggiungere New York e non sei sulla east cost se non vai nella Grande Mela! E da irriducibile fan di Woody Allen, me ne innamoro seduta stante.. al contrario dei preventivati 3 giorni, ci passerò a più riprese più di una settimana..

Non potrei dire su NY più di quello che è già stato detto, scritto, visto.. Fatto sta che è vero, vedi il fumo uscire dai tombini, è vero non dorme mai, è vero non è solo cosmopolita ma molto di più; senti sul serio le sirene della polizia tutta la notte, e nei locali trovi blues e jazz e le art galleries in via W21st e W22nd (per lo più chiuse in agosto) e puoi far yoga al Central Park in mutande senza che nessuno ti degni di uno sguardo (se non, ovviamente, per sorriderti cortesemente) e la statua della libertà è qui ed ha quello strano colore verde acqua.

Vai nei clubs alle due di notte e muori dal freddo anche se è agosto perché l'aria condizionata è pensata per gli orsi polari. E la cucina è delle più internazionali e puoi mangiarti gli hot-dog a 1 dollaro ma non puoi dormire a meno di 50.

A New York la colonia maggiore di sud americani è quella di Santo Domingo e gli allegri domenicani ti fermano alle 4 della mattina per proporti strampalate feste in improbabili piscine e subito mi accorgo che sono sì negli Stati Uniti e non in Asia, non in Sud America, non in Africa, ma da un certo punto di vista è come se fossi in ognuno di questi continenti e capisco che la sete di tutto e l'incertezza per la scelta della meta di viaggio mi hanno alla fine portata nel posto giusto: qui, dove hanno un summit tutte le religioni, le tradizioni, i popoli facendoti sentire ovunque e da nessuna parte.

.. Questi newyorkesi che vivono come in una catena di montaggio, che hanno il migliore orologio ma che ignorano cosa sia il tempo.. New York ti aliena. A New York non si può respirare. Non è la polvere, il traffico, nemmeno il rumore o la folla. È la bruttezza, la monotonia e la uniformità di tutto. Le pareti ti opprimono, una è uguale all'altra.. La sensazione che ho è che qui nulla di vitale o di valore si iniziò e mai si inizierà.. (dal libro di H.Miller “New York: andata e ritorno” acquistato nella famosa libreria/bar “Housing Work” in 126 Crosby Street gestita da malati di HIV).

Ho preventivato di visitare almeno tre/quattro città e tutti i miei spostamenti saranno mezzo autobus ed esclusivamente con la Greyhound. Prenotando su internet ti dicono di essere in stazione almeno un'ora prima della partenza e più anticipi la prenotazione, più sconto ottieni.

C'è una compagnia cinese che offre tariffe più vantaggiose e c'è anche la mitica Couch USA. Oppure, per i più danarosi, il treno e per i più organizzati, l'aereo.

Un'altra America, un altro viaggio se ti muovi con un mezzo tuo. Nel bene e nel male. (Consigliatissima auto sulla west cost). Non potrò dimenticare le lunghissime ore di autobus, tutte le bizzarre persone incontrate, le soste nel bel mezzo della notte o all'alba in quelle stazioni di servizio desolanti tra sbadigli e corpi addormentati. Le infinite attese prima della partenza, la difficoltà a capire quale sia effettivamente l'autobus giusto in quei luoghi siffatti, incasinati, dove sembra sempre notte.

Infernali autobus di notte perché il sedile non si abbassa, il tuo vicino di posto è ogni volta troppo ingombrante e l'autobus è sempre pieno come ad un carosello di meravigliose, molteplici e rumorose nazionalità e c'è un dannato freddo e nessuna coperta e puoi fare 17 ore di viaggio ma non puoi dormire perché a volte devi cambiare autobus. E gli autisti sono dei bruti ma non potrai mai scordare la loro voce spaziale quando, profonda, calda, avvolgente e rassicurante, ti annuncia l'arrivo alla stazione o ti legge il regolamento dell'autobus o ti avvisa di una veloce pausa caffè..

Ma con quel caffè devi tornarci sull'autobus perché non avrai abbastanza tempo per berlo perché qui tutto è enorme ed anche i versatili, affaristi asiatici che con le loro porzioni in Asia ti fanno morire di fame, qui ti ingozzano con pantagruelici piatti. Ma nonostante il cibo a volontà non riesco a dar corpo ad uno dei cliché che imperversano sull'America: gli obesi. Ovunque palestre, yoga, gente che corre, fisici asciutti. Sembra che nelle grandi città la coscienza si stia risvegliando anche se mi dicono che seguitino i problemi fuori dai centri.

Nei supermercati su tutti gli alimenti ci sono enormi etichette indicanti a caratteri cubitali i problemi derivanti dal consumo eccessivo di grassi e c'è un avvicinamento (tutto loro) alla cucina mediterranea. In realtà, al di là dei beveroni di frutta tropicale o dei centrifugati di verdura venduti nei chioschi ambulanti, non riesco a trovare un cibo che sia genuino!

Ad esempio il miele: non è solo miele, all'interno una sfilza di altri ingredienti indecifrabili.. Ma il Governo sembra si stia muovendo per risolvere il più possibile i comportamenti considerati non salutari: NY in particolare ha iniziato l'iter per divenire “una città senza fumo”, l'alcool in molti luoghi (così come per strada) è vietato dalla legge. A Central Park doppietta: vietato bere e fumare! Ma è permesso morirci o sparare.. come osserviamo, non senza una vena di polemica, io e due francesi..

Per quanto concerne gli alloggi, dormire in camera da sola per le mie tasche non è fattibile. Mi avevano avvisata che in America non c'è la concezione della singola: il prezzo che paghi in due è grosso modo lo stesso di quello che paghi solo. Non mi resta che appoggiarmi ai dormitori comuni. In New York trovo posto al FIT Hotel (camera da due! Euro 40 circa) e al Jazz On the Park (vicino a Central Park euro 40 circa). Mi sarebbe piaciuto affittare una camera nella zona bassa di NY, verso il ponte di Brooklyn oppure in zona Soho ma non ho chance.. tutto occupato.. una frase che risuonerà spesso durante la mia permanenza qui.. Ripiegherò spesso sugli Hostelling International (dai 40 ai 50 euro a seconda del numero dei letti in camerata).

Gli Hostelling International si possono trovare in quasi tutte le principali città degli USA. Perfetti, puliti, dotati di ogni comfort, con enormi modernissime cucine, enormi..

mostruosi. Sono utilizzati da persone di tutte le età ma principalmente da ragazzetti o studenti universitari lì soprattutto per feste, incontri. Un mezzo incubo.. non proprio luoghi per backpacker anni settanta e nemmeno da appassionati ricercatori dell'anima del luogo. Ma senz'altro rassicuranti in mancanza di meglio. Anche se in realtà, in caso di volontà, la possibilità di trovare qualche anima disposta ad ospitarti accade spesso e molto, molto volentieri! Ovviamente si risparmia, si vedono posti inusuali e non corri il rischio di perderti! Per dir la verità, essendo la disposizione delle vie di quasi tutte le città concepita  “a quadrato” (in verticale i numeri, in orizzontale i nomi), nemmeno io posso smarrire la strada..!

Da New York parto per Washington in un giorno di pioggia. Alloggio all'hostal Capital View a 36,68 dollari in una spaziosa camera da 6 persone. Le norme di comportamento sono un pochino ottuse ma la posizione è buona. La capitale è un susseguirsi di musei ad ingresso libero e la sua Chinatown è suggestiva.

Mi fermo troppo poco: 2 giorni non sono sufficienti nemmeno per un assaggio.. ma non trovando buone soluzioni per la notte (tutto occupato!) mi sposto di nuovo e prenoto un altro Greyhound: mi porterà a Chicago..

Chicago è elettrizzante! Qui i sud americani sono soprattutto messicani. Sono alloggiata nella zona nord ovest (tra Damen e North-West Avenue) a 10 km dal centro ma ben servita dalla metropolitana, piacevole per i locali notturni e per ascoltare del buon Jazz nei bar/ristoranti nei dintorni. Sono all'hostal IHSP Chicago INN, 32,70 dollari a notte, camera da 4 e atmosfera davvero “Easy-going” ma l'Hostelling International è forse ubicato in posizione migliore: vicino al lago Michigan (che sembra un mare in tutto e per tutto) e al centro storico e quindi anche al Millenium Park dove viene sempre organizzato qualcosa di interessante.

Notevole il Chicago Jazz Festival che vi si tiene di solito verso la fine di agosto.

Nella zona sud di Chicago mi dicono che si sparano per strada, che il clima è sempre più teso e che tante famiglie soffrono addirittura  la fame.
In un umido pomeriggio, decido di andare a visitare Chinatown: mi sembra sporca, triste, povera.. trovo però una meravigliosa piccola galleria d'arte (Hoypoloi – www.hoypoloigallery.com) con fantastici quadri evocativi fiabe, fate e lacrime di una pittrice americana, Jasmine Becket Griffith.

Quando lascio Chicago, mi preparo al tragitto più lungo: vado a Boston. Sono preventivate 23 ore di viaggio. Al che, col duplice scopo di avere una pausa tra una città e l'altra e di poter utilizzare come “albergo” l'autobus per ben due notti, prenoto un Greyhound Chicago-Buffalo e dopo 14 ore un Buffalo-Boston.

Ho quindi 14 ore da passare nella spenta cittadina. Per prima cosa mi devo liberare dello zaino! Trovo una buona soluzione infilandomi ad una festa irlandese, nei pressi del fiume. Il gentile uomo all'ingresso terrà in custodia il mio bagaglio! Il mio spirito di osservazione deve essere completamente annebbiato: nonostante enormi scritte “Niagara” intorno a me, scopro di essere presso le famose cascate ed in una città altrimenti poco allettante solo quando, in un piccolo supermercato, il commesso incredulo mi chiede “ma se non sei venuta qui per vedere le cascate, cosa sei venuta a fare?!”.. Le cascate?.. “..solo acqua!” mi dirà un altro viaggiatore..

Quando arrivo a Boston vedo subito che è ordinata e pulita come si dice. Anche qui le bandiere americane sventolano ovunque a ricordarti di quanto il popolo sia apparentemente orgoglioso della propria nazionalità. La biblioteca di Boston è una delle più famose e più grandi del mondo ed è realmente incredibile!

È costruita a diversi livelli con bellissimi arazzi, uno sproposito di libri, il bar, il giardino (dove ovviamente è rigorosamente vietato fumare!), soppalchi e statue..

è presente anche la nostra bellissima Venezia col Leone di San Marco ed in una pittura è rappresentato il matrimonio tra la città e il mare Adriatico. Inoltre, come tutte le biblioteche, è chiaramente utile per chi come me si muove qui senza internet e senza telefono.. altri mezzi di fortuna sono i negozi di elettronica dove puoi accedere tranquillamente alla rete.. sì perché non è così semplice muoversi qui senza internet! E ti senti veramente nel terzo mondo e un poco alienata quando anche alla fermata della corriera vedi che l'unico modo per indovinare a che ora passerà il veicolo è posizionare gentilmente il tuo smartphone (che sicuramente hai) sul codice QR (quick response) del tabellone! E quando oltre tutto la mia banca decide di bloccarmi la carta di credito a causa di “strani movimenti”, tutto si fa ancora più disagevole..

Boston è famosa anche per la prelibata cucina di pesce e al Ye Old Union Oyster in Union Street 41-43 ne puoi mangiare di ottimo. A Cambridge in Palmer Street 47 trovi il leggendario Club Passim con mostre artistiche, poesia, musica.. C'è anche una vasta zona sotterranea a Boston. Un abitante mi racconta una strana storia secondo la quale qualche anno fa' la polizia, durante un controllo, ha trovato nel sottosuolo “strane aliene creature” con enormi ordinatori e ben organizzate alla vita nelle fondamenta della città. “Fu uno scandalo”, mi dice. “E cosa facevano?” chiedo ingenuamente “controllavano il mondo” mi dice.

Al mio terzo giorno a Boston, in un pomeriggio afoso, vado a fare una capatina presso l'oceano arrivando con il metro (linea blu) in circa mezz'ora in una ampissima spiaggia che è semi-deserta se non fosse per i numerosi gabbiani in circolazione..

Ho fame ma non ci sono chioschi.

Così come nelle spiagge del lago Michigan. Di nuovo ho la sensazione di quanto gli USA non siano pensati per il turista. E questo è uno dei motivi principali per il quale mi piace viaggiare qui. La mia natura italiana già immaginava un ristorantino in spiaggia, con rigoroso pesce fresco, tavoli in legno e cameriere imbellettate. Ma no, non c'è nulla se non una sorta di piccolo centro commerciale dove puoi prendere un'untissima pizza al taglio ma dato che è alta stagione potrebbe essere finita e, al posto della pizza, gradiresti per caso un gelato confezionato a 4 dollari? Ed invece della birra (che naturalmente non puoi portare in spiaggia) una coca-cola?

Mi danno un'idea di languido ebetismo questi americani, dormiglioni e bonaccioni.. specialmente quando li vedo uno dietro l'altro chini sul loro cellulare in metropolitana, persi chissà dove..

All'inizio di settembre ho di nuovo uno stop a New York. La metropoli si sta prematuramente aprendo all'autunno e passeggiando per Manhattan, resa ora più dolce dai caldi colori di fine estate, mi imbatto nel prossimo probabile sindaco della città (De Blasio). Occupato in un'intervista è circondato da un folto gruppo di persone per lo più di colore e, osannato tra applausi ed ovazioni, sta promettendo di ridurre la forbice tra ricchi e poveri..

Il viaggio si avvia a conclusione e canticchiando “Leaving New York” dei Rem, torno a Philadelphia dove mi ritrovo coi gentili ospiti della prima notte americana.. A zonzo per la bella città, ho un'interessante conversazione con Mike a proposito dei pregiudizi stereotipati che si hanno di questo paese. Lui non ha un'assicurazione medica; è d'accordo con me nell'asserire che in un paese civilizzato e che si auto dichiara democratico, non può esistere un sistema sanitario simile, però mi assicura che nessuno “viene lasciato morire per strada”, che c'è un ospedale “free” per i non assicurati o per i meno abbienti.

Ovviamente i vagabondi sono una realtà di questo luogo, dove un cittadino su 20 sembra essere un senza tetto, specialmente a New York o Chicago. Mike mi dice che mensilmente ognuno di loro riceve sussidi e dei buoni da consegnare ai supermercati per avere cibo gratuito. Tra una libreria, un monumento, un ponte ed in compagnia di qualche scoiattolo, tocchiamo il tema “intervento militare americano in Siria” di cui si parla in questi giorni. Lui, come la maggior parte degli statunitensi incontrati, condanna la nota condotta americana e giudica l'America vittima di delirio di onnipotenza.

Però ama il suo popolo, ama i suoi luoghi e se dovesse scegliere sceglierebbe di vivere qui. Ed improvvisamente realizzo che questo ho respirato in questi giorni americani: ottimismo, un ottimismo smarrito in Europa dove da anni senti solo le parole crisi, disoccupazione, disperazione. Qui si vedono i lavori in corso che procedono di giorno in giorno e sulle vetrine dei negozi, bar, pizzerie (gestite da albanesi che si spacciano per italiani..) leggi: “Cercasi urgentemente personale!!” e non c'è fuga probabilmente nemmeno ora che la crisi sta invadendo le strade anche qui... Ed in un certo modo prende in me forma l'idea di cosa abbia significato per tanta gente “il sogno americano”.

Ma quando, rientrata in patria, in una tasca dello zaino trovo un biglietto d'addio di Mike con su scritto “Sara.. come un sussurro nella notte..” capisco che proprio questo puoi essere negli Stati Uniti d'America: solo un sussurro nella notte..

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