Sri Lanka

Quindici giorni in Sri Lanka e Maldive Low Cost

Quindici giorni in Sri Lanka e Maldive Low Cost

Autore: Kokorì
Periodo: Agosto

Premessa: volo acquistato a novembre 2012 grazie ad un’error fare di Saudia segnalata da HolidayPirates, 300€ a testa più 30 di assicurazione expedia.
Cambio: 1€= 170 Rupie cingalesi e 19 Rufie maldiviane. In entrambi i Paesi sono accettati i dollari americani, anche al ristorante.
Partiamo da Bologna il 3 agosto 2013: 28€ di freccia e siamo a Roma, 4€ di bus e siamo a Fiumicino.
Alla fila per il checkin dietro di noi c’è un giovanotto con un enorme televisore e tanta voglia di chiacchierare. Conosciamo così il primo srilankese di questo viaggio: il suo nome è Wasantha, è scappato dalla guerriglia molti anni fa, e ci racconta delle mazzette che ha dovuto pagare per arrivare in Italia dopo aver perso il lavoro perchè Tamil, ci parla a lungo del suo nuovo lavoro e dei suoi sogni per il domani, ci tiene compagnia con i filmati della sua famiglia durante vari rituali hindi, e ci spiega infine che il ciondolo che porta al collo è per ricordarsi dei suoi compagni che invece vi appendevano capsule di cianuro.
Averlo conosciuto è stata senza dubbio la più bella esperienza di questo viaggio, mille guide non avrebbero potuto dirmi sulla cultura di un Paese tutto quello che ho imparato nelle ore di volo e attesa con quest’uomo… e dire che il viaggio deve ancora iniziare!
All’arrivo a Colombo ci salutiamo senza tante smancerie, convinti che ci rivedremo tra qualche giorno, saremmo disposti a saltare l’intero itinerario pur di fare qualche esperienza autentica di vita autoctona, e Wasa ci ha invitati persino a un matrimonio hindi! Purtroppo nei giorni seguenti ci risentiremo al telefono, e ci dirà che la ferita che aveva quando siamo partiti si è infettata e deve tornare in Italia prima del previsto… un vero peccato, sia per lui che per noi…
Tornando al viaggio vero e proprio, appena usciti dall’aeroporto (dopo aver comprato una sim locale a 10$) chiediamo indicazioni per dirigerci a Nuwara Eliya, dove abbiamo prenotato il McLanrens Lodge (25€): non esiste una vera fermata, ci viene semplicemente detto di attendere lungo la strada davanti all’aeroporto…e in effetti il bus arriva!

Sgangheratissimo, senza posto a sedere e con la musica a palla, viaggiamo per 4 ore a porte aperte, caricando la gente senza neanche fermarci: rallentiamo giusto un po’, salgono tutti al volo, ad esclusione di vecchi, storpi e turisti!
A Kandy scoppia il diluvio, scendiamo senza neanche aprire l’ombrello, tanto sono pochi passi…ne paghiamo le conseguenze sul bus successivo, che ci porta a destinazione in un paio d’ore: è notte, la strada è una serie di tornanti allagati, noi siamo fradici e le porte restano ovviamente costantemente aperte. Se volevamo un’avventura, abbiamo iniziato bene!
Arriviamo alla guesthouse con un tuktuk (100Rp) che si perde un paio di volte: nel corso delle 2 settimane che seguono scopriremo che è una costante, nessuno ha mai la più vaga idea di dove ti sta portando, spesso quando si stufano si fermano davanti a un posto che ha un nome simile al tuo dicendoti giusto “Ok?”, altre usano la scusa di averci messo tanto per chiederti un sovraprezzo…ci vuole molta pazienza, insomma!
La guesthouse è carina ma umida, è stata “riciclata” da una mansion inglese, ha caminetti in ogni stanza e il gestore ce lo ha acceso (per 4$) con profumatissima legna di cannella e gusci di cocco;  ciononostante la temperatura è rimasta bassina, colpa anche della pioggia che ha continuato a cadere incessantemente fino al pomeriggio dopo. Saltata perciò l’escursione alle Horton Plains, il “fratello” del gestore (hanno tutti un sacco di fratelli e cugini con taxi, tuktuk e guesthouse, incredibile!) si offre (per 4500Rp) di portarci in auto a vedere piantagioni e fabbrica di tè (la Blue Field Tea Estate foto1, gratuita anche se poi abbiamo lasciato una mancia di 200Rp alla guida), le Ramboda Falls da lontano e altre cascate che invece si potevano quasi toccare dalla strada e, infine, un “museo di pietre”: ho provato varie volte a sfuggire quest’ultima tappa obbligata, paventavo fosse una trappola per turisti, e infatti non c’è stato modo di convincere il nostro autista a non scaricarci, con tanto di valigie, in questo fatiscente negozio di gioielli; un po’ imbarazzati abbiamo girato per circa 20 secondi tra le vetrine sotto l’attento sguardo di almeno 6 commessi, per poi sgattaiolare via.

Pranzo indiano vicino alla stazione dei bus, per poi ripartire alla volta di Kandy, stavolta in bus “express”: non aspettatevi granchè, sono anche questi bus giapponesi di almeno 20 anni fa, ma almeno hanno le porte chiuse e l’aria condizionata!
A Kandy altro contrattare e perdersi col tuktuk fino all’Hanthana Holiday Rooms, una guesthouse davvero carinissima, con una splendida terrazza vista fiori e montagne, gestita da una famiglia calorosa (genitori, 2 figli, una bassotta e un gatto) che ci ha anche rimediato un passaggio gratis per il giorno dopo fino a Pinnawela, per visitare l’orfanatrofio degli elefanti!
La visita all’Orphanage (2000Rp pp) dura 2-3 ore, si può stare quanto si vuole in realtà ma dopo un po’ diventa noioso; in definitiva ci è piaciuto molto, lo consiglio vivamente, tornando indietro eviterei soltanto l’allattamento dei cuccioli orfani col biberon, perchè li tengono legati con le catene mentre sono circondati da turisti, il mahout gli ficca un enorme biberon in bocca e tu hai giusto il tempo di fartici una foto vicino che già se l’è scolato, altro turista altro biberon… squallido.
Mi è piaciuto anche visitare il laboratorio di produzione della carta riciclata dagli escrementi degli elefanti, gratuito e veloce; certo poi ti smollano nel loro negozietto e qualcosa ti senti in debito di comprare, ma le cartoline costano 200Rp e in fondo si sono rivelate un souvenir simpatico (e non puzzolente, giuro!). Finita la visita torniamo verso Kandy; si può andare in bus o treno, o anche direttamente in tuktuk, ma visto che avevamo voglia di provare il treno ci siamo fatti portare alla stazione di Rambukkana da un tuktuk.
Il treno si è rivelata un’esperienza tra le più belle in questo Paese: 70Rp per un viaggio di un’ora e mezza che, causa guasti ripetuti del treno, alla fine è durato ben 3 ore! Vi chiederete cosa c’è di bello in tutto ciò…

ovviamente le persone! Abbiamo conosciuto un ragazzo già mentre facevamo la fila (ovviamente unici occidentali in zona, attiravamo parecchio l’attenzione), ci ha sciorinato tutta la sua vita in una mezz’ora, e quando lui è sceso abbiamo fatto conoscenza con almeno altre 5 persone, tra cui 3 fratellini molto simpatici che ci hanno coinvolto nel viaggio in treno cingalese style: tutti sporti dalle porte (costantemente aperte, foto2), quando c’è una galleria ci si urla e ci si abbaia (!!!) da una carrozza all’altra, e i più intrepidi si divertono a passare da un vagone all’altro… dall’esterno! Il tutto scorrendo attraverso paesaggi da sogno, sovrastando vallate, villaggi con case di fango, campi di riso e tutto quel verde che sembra non finire mai… 3 ore sono volate, e alla fine ci eravamo fatti un sacco di amici, uno dei ragazzi ha insistito per presentarci la sorellina e fargli una foto insieme, un altro ci ha aiutati persino a contrattare col tuktuk per tornare in guesthouse a prendere i bagagli… semplicemente un’esperienza stupenda!
Lasciamo Kandy senza aver visto quasi nulla di questa città, tantomeno il tempio del dente sacro (ne ho visti già tanti di templi, uno addirittura con lo stesso nome a Singapore, e stavolta non sono molto interessata, voglio altro dallo SriLanka). Partiamo in bus per Habarana, al centro del triangolo culturale, dove abbiamo prenotato 2 notti da Le Grand Meaulnes per 145$, comprensivi di due pasti e trasporto a Sigiriya; quello che non ho apprezzato di questo posto, a parte un paio di scarafaggi (peccato, perchè la stanza per il resto era pulita e molto grande) sono state le pressioni del proprietario: la domanda tipica era “Cosa vuoi fare ora/oggi/dopo?”.
La prima volta rispondiamo che vorremmo visitare la celebre Rocca di Sigiriya, così lui ci chiama il suo tuktuk per andare e tornare (mezza giornata di escursione, il biglietto costa una follia, 3900Rp a testa, ma li vale tutti).

La seconda rispondiamo che il pomeriggio ci riposeremo, niente escursioni, no, grazie, davvero, non ci va di vedere Dambulla, sì lo sappiamo che sono bellissime le grotte, certo 10$ sono pochi, ma siamo stanchi e ustionati, per oggi no.
La terza rispondiamo che preferiremmo cenare in paese invece che in guesthouse, e ci viene detto prima che non c’è niente, poi che ormai è notte (ma non è vero!), poi che il percorso è lungo (meno di un km!), etc etc…
Alla fine inventiamo la scusa di dover prelevare, e lui insiste per farci portare dal suo tuktuk. Comincio veramente a sentirmi soffocata, voglio solo andarmene a zonzo per i fatti miei, è così impensabile?? Evidentemente sì, visto che all’autista il gestore ha dato indicazioni di aspettarci e  riportarci indietro. Salutiamo cortesemente invitandolo più volte ad andarsene, e finalmente facciamo un giro. Certo, non è che ci sia niente di che ad Habarane, ma abbiamo almeno potuto mangiare in un ristorantino familiare, studiando i movimenti del cuoco dietro la vetrina e scambiando qualche parola col cameriere stupito della nostra presenza… e dire che Habarane è un punto molto turistico per la sua posizione, evidentemente non siamo gli unici turisti “segregati” nel tragitto hotel-attrazione-hotel.
Compriamo un po’ di stuzzichini da portarci dietro, poi facciamo un giretto per negozi, tutti ancora aperti (sono ormai le 22), e compriamo a qualche centesimo un balsamo ayurvedico e un quotidiano nazionale in inglese. Prima di tornare in hotel ci mettiamo d’accordo: la domanda che ci aspetta all’entrata della guesthouse la conosciamo… ma noi cosa vogliamo veramente fare domani? Abbiamo ancora un giorno pieno, ci starebbe almeno una tra le due città antiche di Polonnaruwa e Anuradhapura, e magari una visita a Dambulla prima di andarcene… Ora, so che molti di voi non condivideranno la nostra scelta, ma per noi è stata LA scelta.
Fossimo stati una famigliola o una coppia vetusta probabilmente una tale “organizzazione” del nostro tempo sarebbe stata perfetta, in effetti le escursioni costavano poco e il cibo in guesthouse era tanto e buono, ma…

non è questo che volevamo. Perciò inventiamo un’altra scusa (lo so, ha dell’assurdo mentire a sconosciuti, ma se serve ad eliminare mezz’ora di tira e molla…) e ce ne andiamo nel posto meno turistico che riusciamo a pensare: Colombo! Ci arriviamo con un viaggio in treno infinito e noioso (questa volta ammetto di aver sbagliato, il panorama Habarane-Colombo non è decisamente degno di nota, se non per qualche casa sugli alberi e qualche villaggio con case in fango, e fra l’altro il treno è di quelli “moderni”, più veloce e silenzioso, porte chiuse e lavoratori incravattati poco disponibili al dialogo, e ci costa ben 400Rp pp…decisamente il bus era da preferire).
Lasciamo i bagagli al deposito in stazione (50Rp/giorno per un vano in cui starebbero anche una decina di persone) e ce ne andiamo finalmente in giro indisturbati: la città è caotica, rumorosa, inquinata e…miracolosamente spoglia di turisti! Giriamo per i mercati di Pettah, godendo dei mille colori, profumi e puzze, mangiamo streetfood tra il più buono mai assaggiato, poi giriamo un po’ per le strade del Fort, passeggiamo al tramonto sul lungo-oceano (stupendo!), una foto allo stupa, una al faro-orologio e per finire un drink a qualche centesimo su una terrazza sfondo oceano… che pace!
Recuperate le forze e i bagagli prendiamo un bus direzione aeroporto (proprio dall’altra parte della strada davanti alla stazione dei treni) che ci lascia a Tudella mezz’ora dopo, dove abbiamo prenotato il Blue Gum Hotel, costosetto (37€) ma a pochi km dall’aeroporto e a 30 metri dalla fermata del bus, pulito e con staff molto cordiale: upgrade gratuito, drink fresco di benvenuto, reception aperta 24h, ci hanno chiesto all’arrivo l’ora in cui avremmo voluto la colazione e come avremmo preferito le uova. Dormiamo come sassi, sveglia all’alba, colazione ottima con tanta frutta, e via all’aeroporto, destinazione Malè!

Piccolo suggerimento: se prendete l’autobus per arrivare in aeroporto verrete lasciati lontano dal terminal e, contrariamente a quanto scritto sulla Lonely Planet, non c’è nessuna navetta gratuita per arrivarci (o almeno noi l’abbiamo cercata a lungo invano tutte e 4 le volte che ci siamo stati) quindi evitatevi la scarpinata con valigie sotto il sole cocente come abbiamo fatto noi credendo di essere vicinissimi, 100Rp di tuktuk valgono la pena di essere investite!

MALDIVE

Io di solito prima di partire mi organizzo ogni dettaglio, ma per le Maldive non c’era stato modo, sembrava che nessuno prima di noi avesse provato a girare le isole abitate attorno a Malè, le uniche esperienze che si trovano online sono relative a soggiorni in resort, tutti con prezzi proibitivi, sia quelli dei resort in sè, ma anche quelli dei motoscafi per arrivarci e quelli delle escursioni che inevitabilmente si finisce per voler fare una volta che si sta per tanti giorni nel mezzo ettaro dell’isoletta. Noi tutti questi fondi non li abbiamo quindi… ci proviamo, orgogliosi di essere i primi esploratori zingari nel paradiso del turismo di lusso occidentale!
All’uscita dell’aeroporto (volo Srilankan Airlines, 134€ a/r) ci sentiamo già a disagio: ci si parano davanti costellazioni di banchetti, uno per resort, e notiamo che TUTTI i turisti hanno qualcuno che li attende per scortarli al motoscafo; un tizio si accorge che siamo tristemente soli e ci indirizza al banco informazioni per esortare il nostro hotel a venirci a prendere. Noi invece chiediamo dove trovare il traghetto per Malè: ancora una volta siamo gli unici turisti, o almeno gli unici non musulmani, e spicchiamo notevolmente nella mischia di donne total-black e uomini total-white.
In 10 minuti siamo alla capitale, e in altri 15 minuti di cammino siamo in hotel (mi sarebbe piaciuto qui avere un tuktuk, lo ammetto, e invece non incrociamo neanche un taxi!).

Al Dacè Hotel ci chiedono di pagare subito in $, non ne abbiamo a sufficienza quindi paghiamo in €, ma applicano un cambio $-Rf Rf-€ per cui alla fine 350$ diventano 300€…va be’, per 40€ non ci va di discutere, però un po’ di malumore c’è, tanto più che senza tasse il prezzo era 180€…In compenso anche qui abbiamo l’upgrade gratuito, stanza grande e davvero bella.
Usciamo per pranzo e poi ci dirigiamo al molo per Villingili, l’unico che non si trova sulla costa nord: avevo letto di un resort a Villingili, quindi speravo ci fosse qualche spiaggia privata per turisti occidentali, invece niente, forse c’è un’altra isola omonima… questa, piccola e abitata, raggiungibile in 5 minuti di traghetto (7Rf pp a/r), è effettivamente molto carina, ricca di vegetazione rigogliosa, casine tutte colorate, strade deserte costellate di amache ricavate ovunque. Insomma il posto è bello, ma è dedicato al turismo islamico: la spiaggia è affollata di famiglie, ragazzini che giocano a calcio sotto le mangrovie, gruppi di amici che fanno un pic-nic e…cartelli che mi ricordano che è vietato l’uso del bikini! Troviamo un angolino privato tra due gruppi di cespugli, Daniele si mette in pantaloncini e io… anche.
La delusione di non potersi fare il bagno è grande, avessi almeno immaginato com’era mi sarei portata il cambio, ma non posso farmelo vestita e poi riprendere il traghetto e girare per Malè tutta bagnata! Invidio prodondamente il mio ragazzo e mi consolo bagnandomi le gambe all’ombra di una palma. Restiamo solo un paio d’ore poi torniamo in capitale con lo scopo di trovare un’agenzia o un qualsiasi privato che organizzi escursioni in giornata su isole vicine.
Arrivati a sera lo sconforto è tanto: non abbiamo trovato nessuno, e ogni volta che chiediamo ai maldiviani, compresi quelli dell’hotel e dell’ufficio turistico, ci indicano varie isole tra cui Villingili, al che richiediamo se è possibile mettersi in bikini, e ci rispondono con uno sguardo attonito: no, niente bikini.

Ma allora possiamo andare in altre isole? Be’ sì ma sono lontane… insomma, non caviamo un ragno dal buco, riusciamo a trovare un elenco di traghetti regionali per isole più lontane con hotel, ma capiamo che se ci arriva un traghetto vuol dire che è abitata, e se è abitata vuol dire che il bikini è vietato. Per di più TUTTI i traghetti a lunga percorrenza fanno due viaggi al giorno: uno verso l’isola il pomeriggio e uno dall’isola la mattina, vietando praticamente di andare e tornare in giornata senza soggiornare in un resort. Ma possibile che non esista turismo maldiviano al di fuori dei resort? Questa era la domanda con cui eravamo partiti dall’Italia, e il primo giorno la risposta sembrava purtroppo essere negativa.
La speranza torna il secondo giorno, quando ci dirigiamo ad Hulhumale, l’isola attaccata all’aeroporto da una sottile striscia di terra (giusta per farci passare una strada): traghetto ogni 10 minuti (11Rf pp a/r), altri 10 minuti a piedi per raggiungere la lunga spiaggia che sta dalla parte opposta al molo; c’è anche un bus che costa 6Rf, ma avevamo voglia di vedere un po’ l’isola, anche per fare colazione con cornetto ed espresso (molto diffuso anche a Malè, un po’ scialacquato, ma sempre meglio del caffè americano) e comprarci un paio di birre aromatizzate a limone e melograno, rigorosamente analcoliche e decisamente costose per gli standard locali (35Rf l’una).
Hulhumale è stata la nostra salvezza per due ragioni: innanzitutto passeggiando abbiamo trovato un hotel che mi ricordavo aver visto su internet (il lungomare è una fila continua di hotel, ma sono tutti riservati a clientela musulmana), ci entriamo per chiedere info e scopriamo che organizzano escursioni, anche per gli “esterni” come noi!
Prendiamo appuntamento per il giorno dopo con Ruth di Secret Paradise, l’agenzia a cui si appoggia l’hotel, e torniamo verso la spiaggia.

Come ho detto la spiaggia è molto lunga e si snoda per tutto l’asse orientale dell’isola, corta e lunga: a nord c’è la Public Beach (si vede anche su googlemaps), e in zona si trovano diverse famiglie e turisti musulmani che fanno il bagno vestiti; più a sud invece l’isola è ancora “in costruzione”, la spiaggia diventa rapidamente deserta fin dove l’occhio arriva ed è separata dalla strada (in cui comunque passerà giusto un motorino all’ora) da una fitta striscia di arbusti e palme, e piazzandosi quindi ben lontani dalle “entrate” che si creano tra la vegetazione ci siamo ricavati un lungo paradiso privato.
All’inizio ero comunque un po’ titubante a mettermi in costume, ma si può risolvere facilmente stendendosi sopra un pareo, richiudibile istantaneamente nella rara occasione che qualcuno si affacci dalla strada (ci è successo una volta sola in 2 giorni a causa di spazzini della spiaggia, e quando ormai i tizi si erano avvicinati a noi io ero coperta da un pezzo); il bagno l’ho fatto in maglietta per il semplice fatto che ero ustionata, ma se fossi stata in costume di certo non avrebbe potuto notarlo nessuno visto che… non c’era nessuno!
Ci godiamo il “nostro” posticino per due giorni, il mare è splendido, la sabbia bianchissima, passiamo gran parte del tempo a fotografare le decine di paguri che escono dalle loro conchiglie appena ci fermiamo, e le decine di granchi bianchi che vediamo sfrecciare appena ci muoviamo. Ogni sera abbiamo avuto l’occazione di assaporare un po’ di vita notturna locale (ma nei resort cosa si fa quando cala il sole??): è stato davvero interessante osservare come vive un popolo confinato in un’isoletta grande come il centro di Bologna, ci ha spesso stupiti e affascinati. Le ragazze la sera tolgono quasi tutte il velo, e chi lo porta lo fa come si porterebbe un altro qualsiasi accessorio, coordinato a sandali, smalto e spesso perfino alla cover dello smartphone, legandolo in vari modi e fermandolo con spille sgargianti; tutti i ragazzi hanno un motorino, spesso elettrico e silenzioso, che compensano schiamazzando e cantando, quasi tutti con una ragazza sul sellino posteriore.

Si conoscono tutti, o almeno questa è l’impressione che danno visti da fuori, sorseggiando cocktail (tutti virgin ovviamente) in locali trendy, circondati da comitive a cui si aggregava e separava continuamente altra gente. Nota faunistica non da poco: ci sono dei pipistrelli affetti da gigantismo che svolazzano indisturbati sopra la clientela dei locali, e ho visto anche uno scarafaggio grosso come la mia mano viaggiare meno indisturbato tra i tavoli (in questo caso l’orrore delle ragazze è stato notevole, per fortuna sono state tratte in salvo da un paio di ragazzoni che invece sembravano divertiti).
Il penultimo giorno ci avviamo al molo di Hulhumale per l’escursione della Secret Paradise: una giornata a Kuda Bandos pagata 130$ in due (neanche 50€ a testa!), comprensivi di viaggio in motoscafo a/r e ingresso all’isola, una picnic island che ospita solo un bar, un negozio di souvenir e un centro per sport acquatici, riservata ai turisti occidentali dal lunedì al giovedì, ai musulmani gli altri giorni. La giornata scorre velocemente tra sole e snorkeling, finalmente in bikini senza pensieri!
Assistiamo alla raccolta dei cocchi (non so come sia salito il tizio ma è sceso da una palma altissima solo con due lacci tra le mani e tra i piedi, poi ha assaggiato un cocco aperto col machete e ce l’ha offerto) e fotografiamo i pipistrelli (foto4), che anche qui sono a decine, enormi, e svolazzano in pieno giorno a pochi metri da noi! Il motoscafo ci viene a riprendere alle 5, poi facciamo un salto al baretto frequentato nei giorni precedenti per un veloce hamburger maldiviano (con tonno e formaggio, divino!), e torniamo al molo in tempo per goderci uno splendido tramonto sull’oceano.
Il mattino dopo lo dedichiamo all’unica spiaggia, per giunta artificiale, di Malè
è veramente minuscola, sembra un paradosso; per giunta appena metto piede vicino alle rocce noto uno strano spostamento nero…

sono piene di scarafaggi, saranno a centinaia! Ci sono solo un paio di ragazze che fanno il bagno, come al solito con velo, maglia a maniche lunghe e pantaloni a sigaretta; i maschi restano sotto le palme, a chiacchierare mentre lì vicino passeggiano tante piccole iguane. Nel pomeriggio salutiamo le Maldive, di ritorno a Colombo.
SRI LANKA

È il 13 agosto, il 15 abbiamo il volo di ritorno, la notte prima abbiamo riprenotato lo stesso Blue Gum Hotel vicino all’aeroporto e… adesso che facciamo? Il 13 notte è “libero”, l’idea di partenza era di vedere quanto eravamo stanchi e agire di conseguenza; nonostante il ritorno al caos dei tuktuk sia stato un po’ traumatizzante, così come il doversi districare tra i tassisti che ti dicono che è impossibile arrivare a Colombo col bus e altre balle, decidiamo di provare ad arrivare al sud, che finora avevamo totalmente ignorato (le altre opzioni erano Anuradhapura o Colombo).
La strada è lunga, è già pomeriggio ma noi vogliamo provarci. Dall’aeroporto prendiamo un bus per Colombo e da lì uno per Galle (bus n°2 piattaforma 2 della stazione dei bus davanti la stazione dei treni); alle 8 siamo appena fuori Colombo, a me sarebbe piaciuto arrivare a Weligama per vedere i pescatori sui trampoli e l’isolotto di Taprobane, ma bisognerebbe cambiare un altro autobus, è già tardi e così decidiamo per Galle.
Chiamiamo un paio di hotel segnalati come economici sulla guida: il primo non ci risponde, il secondo è pieno, il terzo miracolosamente ha posto. È il Weltevreden Hotel, il costo è il doppio di quello segnalato sulla Lonely Planet (5000Rp), ma magari ha inciso il fatto di averli chiamati all’ultimo minuto da un bus (probabilmente sembravamo disperati, comunque la stanza era grande e climatizzata). Arriviamo esausti, mangiamo la cena al sacco comprata alla stazione di Colombo e dormiamo.
L’ultimo giorno lo dedichiamo alla visita di Galle: straturistica, stracostosa, strastrana, strabella!

Questa città mi è rimasta nel cuore nonostante tutto. Sembra fuori dal mondo, sembra… non saprei, ma di sicuro non sembra Sri Lanka! La colazione in un bar stilosissimo coloniale ci costa 800Rp, ma è buona e abbondante e la location vale davvero. Giriamo per il fortino, il sole picchia, le onde sono impetuose.
Prendiamo un gelato, poi chiediamo a una guesthouse (Ocean View) con la terrazza se ce la fanno visitare; ci vendono un paio di Coke in cambio della pace più totale, tra i fiori, con un’altalena fronte oceano e dei rampicanti a ripararci dal sole. Finiamo il giro con un salto al mercato del pesce e un caffè nel franchising Lavazza Barista (se lo chiedete veryveryvery short vi farà sentire quasi a casa), riprendiamo i bagagli e col tuktuk andiamo a prendere il bus. Nella speranza di risparmiare qualche ora prendiamo il Southern Expressway Bus, una nuova catena di bus che percorre l’unica autostrada dello Sri Lanka andando da Galle a Colombo in 90min; peccato che costi una tombola e non faccia risparmiare quasi nulla, visto che non lascia a Colombo Fort ma in un’altro paesino/sobborgo, in cui abbiamo dovuto aspettare un altro bus che in altrettanti 90min ci ha portato a Colombo. Da lì altro bus per arrivare all’hotel… insomma, l’ammazzata finale! Ma che dire… ne è valsa la pena.
Il volo di ritorno è il più massacrante della nostra vita. Scalo a Riyhad per rifornimento e carico-scarico passeggeri, poi ci fermiamo a Jeddah per 10 ore (dovevano essere 12 ma il primo volo ha fatto un po’ di ritardo). L’aeroporto di Jeddah è minuscolo, brutto, c’è UN bar-ristorante stracostoso e un’area dutyfree (non che ci abbia mai comprato niente, ma manco per distrarsi, ecco…); ci siamo distratti un paio d’ore facendo conoscenza con una ragazza francese che ha viaggiato per 3 settimane da sola in Sri Lanka, un paio d’ore le abbiamo passate a guardare telefilm sul portatile, un paio a mettere in ordine le foto…

e il resto ad aspettare comatosi! Decisamente un’esperienza trascendentale. Arriviamo a Milano, poi ci sono un’ora di bus fino alla stazione (10€) e 2 ore di IC per Bologna (19€); è ferragosto, siamo mezzi morti ma per fortuna il 16-17 è weekend quindi abbiamo tutto il tempo per riprenderci da queste 35 ore di viaggio nostop, e realizzare che IL viaggio è finito.
Valutazioni finali:

SRI LANKA La popolazione è suddivisibile in due gruppi: gli addetti al turismo, che cercheranno ogni momento di fregarvi (o almeno di vendervi qualcosa), e la popolazione vera, ospitale, sorridente e disponibile al dialogo, incuriosita dal turista occidentale che ha pochissime occasioni di incontrare, e che ancora costituisce una novità, un’attrattiva quasi.
MALDIVE Low cost si può, con un po’ di adattamento; tornando indietro soggiornerei a Hulhumale, per poter andare comodamente in spiaggia in bikini (con un po’ di precauzioni), andando magari la sera a Malè col traghetto. Se a questo si aggiungono un paio di escursioni lowcost la vacanza è fatta, e oltre ad essere economica si avrà anche l’occasione di conoscere la cultura maldiviana e di vedere tante isole diverse! Il costo totale per 5 giorni (volo+hotel+mance+pasti+souvenir) è stato di 500€; partendo dall’Italia, cogli stessi presupposti, secondo me si riuscirebbe tranquillamente a farsi una settimana con meno di 1000€.
A conti fatti la spesa dal 3 al 15 agosto per Sri Lanka e 5 giorni pieni alle Maldive, compresi voli, hotel, spostamenti, pasti, souvenir, e persino il bollo di rinnovo del passaporto è stata di… 1060€.
Che dire, l’error fare sicuramente ha fatto la sua parte, ma anche senza direi che si può rifare, no?! 🙂

1-3799 tè
2-4007 treno
3-5259 hulhumale
4-4231 bandos pipistrello
5-4261 spiaggia malè
6-5688 galle

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