Il Palazzo degli Spiriti a Marechiaro, l’hotel nell’ex casa di piacere La Suprema a Chiaia, l’antica spezieria rococò, l’ospedale delle bambole, la chiesa delle anime pezzentelle o la coffee house nel vivaio un tempo frequentato da Eduardo De Filippo.
Napoli non finisce mai di sorprendere con luoghi curiosi, affascinanti e misteriosi, che spesso nemmeno i napoletani conoscono. Ecco 10 posti curiosi da scoprire a Napoli.
Posti Curiosi di Napoli, 10 luoghi insoliti da scoprire
- Il Palazzo degli Spiriti
- Farmacia degli Incurabili
- Chiesa del Purgatorio ad Arco
- Ospedale delle bambole
- Giardino e ipogeo di Babuk
- Vico Paradisiello
- Vivaio Calvanese
- Cimitero delle Fontanelle
- Archivio storico del Banco di Napoli
- La Suprema
Il Palazzo degli Spiriti
Il Palazzo degli Spiriti, situato nel piccolo borgo di Marechiaro, a Napoli, è uno dei posti più curiosi e affascinanti della città. Conosciuto anche come Villarosa, questo palazzo fatiscente può sembrare al primo sguardo privo di interesse, invece ha una lunga storia.
Costruito nel I secolo a.C., l’antico palazzo d’epoca romana si trova nell’area protetta archeologica e ambientale di Pausilypon ed era alle dipendenze della villa di Posillipo del ricco liberto romano Publio Vedio Pollione (ovvero la villa imperiale di Pausilypon). Per alcuni, si tratta dei resti di un murenaio, cioè una struttura adibita all’allevamento di murene, serpenti marini prelibati. Le vasche sono sommerse perché il livello del mare nei secoli si è alzato, ma è possibile vederle ancora oggi chiaramente.
Il complesso residenziale del Pausilypon, che si estendeva sulle pendici della collina di Posillipo tra la baia di Trentaremi, le isole della Gaiola fino a Marechiaro, comprende non solo il Palazzo degli Spiriti, ma anche la Grotta di Seiano, la maestosa Villa con Teatro e Odeion e il Parco sommerso della Gaiola.
Oggi del palazzo restano solo delle rovine che si dice siano abitate da spiriti e antichi fantasmi, tra cui quello del poeta Virgilio che tanto amò Napoli e soprattutto Posillipo.
Farmacia degli Incurabili
Annessa all’ospedale rinascimentale di Santa Casa degli Incurabili, a pochi passi da Spaccanapoli, la Farmacia degli Incurabili è un gioiello barocco. La settecentesca spezieria è il luogo dove l’arte incontra la scienza, il nucleo meglio conservato del cinquecentesco Ospedale di Santa Maria del Popolo degli Incurabili di Napoli. L’antica Spezieria, insuperato capolavoro del barocco-rococò, fu al tempo stesso efficiente laboratorio del farmaco ed esclusivo luogo di rappresentanza per l’élite scientifica dell’illuminismo napoletano.
La successione delle sale, controspezieria, sala grande, laboratori, esprime una rigorosa suddivisione degli spazi coniugata all’efficienza di una moderna farmacia. Domenico Antonio Vaccaro, nel 1729, eseguì i disegni per l’allargamento dell’ospedale e progettò la spezieria così come ancora oggi la vediamo. L’elegante scalone a doppia rampa in piperno si affaccia sul cortile ad accogliere il bronzo raffigurante Maria Lorenza Longo, fondatrice dell’ospedale nel 1522. Le rampe conducono alla loggia a tre fornici, da cui si accede alla farmacia, attraverso tre portali marmorei sormontati da mascheroni diabolici, simboleggianti la doppia natura del farmaco: cura e veleno.
Probabilmente l’impianto interno fu curato, tra il 1747 ed il 1751, dall’ingegner Bartolomeo Vecchione che si servì di raffinate maestranze napoletane. All’interno della farmacia, inoltre, vedrete preziosi vasi e urne che un tempo contenevano le spezie e i medicamenti, tra cui la leggendaria teriaca, una mistura considerata la panacea di tutti i mali che conteneva tra l’altro oppio, carne e pelle di vipera. È possibile partecipare a dei tour guidati che vi faranno scoprire la Farmacia degli Incurabili, ma anche il Museo delle Arti Sanitarie e di Storia della Medicina, l’Orto e il Chiostro di Santa Maria delle Grazie nel complesso dell’Ospedale degli Incurabili.
Foto: © Salvatore Laporta/KONTROLAB /LightRocket via Getty Images
Chiesa del Purgatorio ad Arco
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Nel cuore del centro antico di Napoli, lungo via dei Tribunali, si trova la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, nota ai napoletani come la chiesa “de’ ’e cape ’e morte”.
I suoi sotterranei, infatti, un tempo ospitavano l’antico culto delle anime pezzentelle o dei senza nome, spoglie anonime di vittime delle tante calamità che si sono abbattute su Napoli nel corso dei secoli. Ancora oggi nell’antico ipogeo si celebra l’affascinante culto rivolto a resti umani anonimi che diventano speciali intermediari per invocazioni, preghiere e richieste di intercessioni.
Entrare in questa chiesa quindi vuol dire fare un viaggio nella cultura napoletana tra arte, fede, vita e morte. La chiesa è un mirabile gioiello seicentesco commissionato nel 1616, dalla congregazione laica Opera Pia Purgatorio ad Arco, all’architetto Giovan Cola di Franco, e consacrata nel 1638. La struttura fu concepita su due livelli, una chiesa superiore che rimandasse alla dimensione terrena e un ipogeo, area cimiteriale, che rappresentasse concretamente il Purgatorio.
La cura delle anime del Purgatorio era uno dei punti principali della nuova chiesa controriformata e tutto l’apparato decorativo del complesso venne ideato per ricordare, a passanti e fedeli, che le anime attendevano una preghiera in suffragio per potersi liberare dal fuoco del Purgatorio e ascendere al Paradiso. Questa piccola chiesa inoltre custodisce opere come il Teschio alato di Dionisio Lazzari, insieme a capolavori di Massimo Stanzione, Luca Giordano e Andrea Vaccaro. Dalla parte superiore quindi si scende nell’ipogeo, per finire con la visita del piccolo museo allestito negli spazi della sagrestia.
Ospedale delle bambole
L’Ospedale delle Bambole era un’antica bottega diventata recentemente un curioso museo. È un luogo unico che dal 1800, attraverso quattro generazioni, porta avanti il restauro di piccole opere d’arte. Statue sacre, bambole, orsetti di peluche e oggetti di ogni tipo qui ritrovano lo splendore perduto grazie alla famiglia Grassi che mantiene viva l’antica tradizione dell’artigianato.
L’Ospedale delle Bambole ha, infatti, un laboratorio di restauro dove tanti giocattoli d’infanzia rinascono a nuova vita. Una guida vi racconterà la storia dell’ospedale, le varie tecniche di riparazione delle bambole e i materiali che nel tempo sono stati usati. Un luogo fuori dal tempo dove ritrovarsi bambini.
Foto: © Mario Laporta/KONTROLAB /LightRocket via Getty Images
Giardino e ipogeo di Babuk
Poco distante dal famoso Orto Botanico di Napoli si trova il meno conosciuto giardino di Babuk, situato alle spalle di un palazzo fatto edificare nel ’700 dalla famiglia Caracciolo del Sole, a due passi dalla loro cappella in San Giovanni a Carbonara.
È una silenziosa oasi verde dove camminare tra piante di limone, banani, fiori e un faggio antichissimo, databile intorno al XIV secolo. Tra le aiuole del giardino, abitato da numerosi gatti, si celano inoltre le tracce delle sepolture degli infanti delle suore del Convento dei Saponari, rimaste incinte per le brutalità dei soldati francesi entrati a Napoli nel 1799 al seguito di Championnet.
Tra gli ambienti più suggestivi vedrete poi l’ipogeo, una cavità naturale posta al di sotto del giardino, composto da quattro caverne collegate da cunicoli, un tempo parte di una cisterna.
Divenuto ricovero antiaereo negli anni della guerra, l’ipogeo conserva l’impianto elettrico degli anni ’40 realizzato con isolatori in porcellana e, sulle pareti, graffiti e simboli esoterici.
Vico Paradisiello
In una fenditura della secondaria via Veterinaria, alle spalle dell’Orto Botanico e dell’Albergo dei Poveri, si trova questa stradina che anticamente era la prosecuzione di via Michele Tenore, dal nome del primo direttore dell’Orto Botanico di Napoli.
Vico Paradisiello oggi è una stradina chiusa che un tempo portava fino a Capodimonte. La storia di Vico Paradisiello si intreccia col sorgere della chiesa Santa Maria degli Angeli alle Croci, eretta nel 1583, sulla collinetta detta volgarmente fuori Porta San Gennaro, quando venne costruita la strada via Michele Tenore da D. Isabelle Cueva, moglie del viceré duca d’Ossuna.
Nel XVI secolo si iniziò ad urbanizzare l’area che fino ad allora era immersa nella campagna: a destra verso Sant’Eframo venne costruito un monastero nel 1530, a sinistra nacque l’area del Moiariello e, tra i due, si cominciavano a intravedere alcuni edifici sparsi lungo la salita del Paradisiello che divenne poi un luogo ambito di residenza e villeggiatura per la nobiltà. Salite quindi i 150 scalini di vico Paradisiello per godervi il panorama mozzafiato che abbraccia Castel Sant’Elmo, il Vesuvio e Capri.
Vivaio Calvanese
Davanti all’ingresso dell’Orto Botanico si trova un palazzo seicentesco, che custodisce uno dei vivai più antichi di Napoli, il vivaio Calvanese, un polmone verde nascosto nel centro della città. Il vivaio è l'erede dello stabilimento botanico Calabrese, fondato da Francesco Saverio Calabrese nel 1864 e poi reso famoso dal figlio del fondatore, Francesco Paolo, e dalla moglie tedesca Rita Stern, vera anima del luogo.
Oggi vedrete ben 8 serre dismesse, che hanno ancora la struttura di quel tempo, al cui centro troneggia un'antica coffee house che ha visto passare anche Eduardo De Filippo e Pupella Maggio.
Ora la coffee house è il piccolo studio d’arte contemporanea di Antonella Raio che, con il proprietario Giuseppe Calvanese, cerca nuovi modi per far convivere arte e natura.
Cimitero delle Fontanelle
Il cimitero delle Fontanelle è uno dei luoghi più suggestivi di Napoli. Si tratta di un ex ossario che si sviluppa per più di 3000 mq e contiene i resti di un numero imprecisato di persone. Si trova nella Sanità, uno dei quartieri più ricchi di storia e tradizione di Napoli.
Il cimitero è noto perché qui si svolgeva il rito delle "anime pezzentelle", ossia l'adozione e la cura da parte di un napoletano di un determinato cranio di un'anima abbandonata (detta appunto capuzzella) in cambio di protezione. La particolarità di questo cimitero però non è in quello che si vede ma in tutte le storie, aneddoti e curiosità che vi sono dietro, perciò è consigliabile la visita guidata, che però è a pagamento. Altrimenti il cimitero è a ingresso libero se volete visitarlo in modo autonomo.
Archivio storico del Banco di Napoli
L’Archivio Storico del Banco di Napoli rappresenta la più imponente raccolta archivistica di documentazione bancaria esistente al mondo. In circa 330 stanze sono raccolti e catalogati documenti bancari che vanno dalla metà del 1500 ad oggi. Si trova nella sede della Fondazione Banco di Napoli, in via dei Tribunali, nel cinquecentesco palazzo Ricca e nell’attiguo palazzo Cuomo.
Vi sono contenuti e notizie rilevanti per la storia economica, sociale ed artistica delle regioni meridionali e documenti riguardanti la struttura e l’evoluzione degli istituti di credito in esse operanti, nonché contratti commerciali con nazioni europee. Si può accedere alla Sala Studio dell’archivio e prenotare i volumi da consultare solo su prenotazione.
La Sala Studio è aperta dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 13.15 e dalle 14.30 alle 17.00.
La Suprema
Al numero 216 di via Chiaia, a Napoli, oggi sorge il Chiaja Hotel de Charme, ma non molti sanno che un tempo questo era l’indirizzo di una rinomata casa di piacere chiamata “La Suprema”. Fu con il decreto del 1859 che Camillo Benso Conte di Cavour autorizzò l’apertura delle famose case di tolleranza per regolamentare e sorvegliare il servizio della prostituzione. Poi Mussolini impose di far costruire intorno alle case chiuse muri alti 10 metri, i cosiddetti muri del pudore.
All’epoca a via Chiaia e ai Quartieri Spagnoli lanterne rosse illuminavano i piaceri della notte. Nel 1958 però, con l’entrata in vigore della legge Merlin, vennero chiuse le case di appuntamenti, tra cui La Suprema. Per anni questo elegante palazzo signorile è rimasto abbandonato finché un imprenditore non ha deciso di acquistarlo per farne un hotel. Oggi è possibile visitarlo su appuntamento. Nonostante i lavori di restauro, gli ambienti interni conservano ancora parati e tinte vermiglie che richiamano le atmosfere dell’epoca, oltre a una splendida vetrata in stile liberty degli anni ’30. Chi preferisce soggiornare in hotel potrebbe capitare nella camera di Nanninella ‘a Spagnola, di Mimì d’o Vesuvio e ancora di Anastasia ‘a friulana o Dorina da Sorrento.
Foto: ©Massimo Santi/Shutterstock