Sono circa un migliaio e costituiscono un prezioso patrimonio formatosi nell'arco dei secoli.
Fin dal Settecento infatti la città partenopea è anche chiamata “città delle 500 cupole”. Tra le tante chiese di Napoli, vi consigliamo le dieci da non perdere secondo noi.
Il Duomo
Dedicato a Santa Maria Assunta, il Duomo di Napoli fu iniziato probabilmente da Carlo II d’Angiò e completato nel 1313 da suo figlio Roberto il Saggio, inglobando le precedenti strutture paleocristiane del battistero e della primitiva basilica.
L’aspetto attuale è dovuto ai numerosi interventi che si sono succeduti nel tempo, di cui rimane traccia nella sovrapposizione di diversi stili che vanno dal gotico puro del Trecento fino al neogotico ottocentesco.
Il Duomo di Napoli, inoltre, è conosciuto per il misterioso rito dello scioglimento del sangue del patrono della città, San Gennaro, a cui è possibile assistere tre volte all’anno: il sabato precedente la prima domenica di maggio e negli otto giorni successivi, il 19 settembre, il 16 dicembre e la prima domenica di maggio.
Se non riuscite ad assistere al miracolo potrete comunque vedere all’interno del Duomo il cosiddetto "Imbusto", un busto reliquiario, capolavoro di scultura gotica, con il cranio e la teca contenenti il sangue di San Gennaro.
Cappella Sansevero
A pochi passi da Spaccanapoli si trova la Cappella Sansevero che custodisce il Cristo Velato, una perla della scultura barocca, realizzata dall’artista napoletano, Giuseppe Sanmartino nel 1753.
È considerato uno dei più grandi capolavori della scultura di tutti i tempi che fin dal ’700 richiama viaggiatori illustri, tra cui Antonio Canova, il marchese de Sade, lo scrittore argentino Hector Bianciotti e Riccardo Muti tra gli ultimi.
Posto al centro della navata della Cappella Sansevero di Napoli, il Cristo Velato è una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua.
La particolarità è proprio la trasparenza del velo che sembra adagiato sul corpo di Cristo, ma in realtà è solo il frutto dell’abile mano dell’artista.
Per secoli però si è addirittura creduto erroneamente a un processo alchemico di marmorizzazione del sudario, compiuto dal principe di Sansevero, committente dell’opera dalla rinomata fama di alchimista.
La vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato nella morte sono il segno dell’intensa ricerca di Sanmartino. La meravigliosa scultura è, dunque, un’evocazione drammatica, che fa della sofferenza del Cristo il simbolo del destino e del riscatto dell’intera umanità.
Complesso Monumentale di Santa Chiara
Passeggiando lungo Spaccanapoli, vedrete un’altra meraviglia come il Complesso Monumentale di Santa Chiara.
La sua costruzione ebbe inizio nel 1310, per volontà del re Roberto d’Angiò e di sua moglie Sancia di Maiorca.
La cittadella francescana fu realizzata costruendo due conventi: uno femminile per le clarisse e l’altro maschile per i frati minori francescani. La chiesa si presenta oggi nelle sue originarie forme gotiche, con una semplice facciata nella quale è incastonato un antico rosone traforato.
Nel 1742 la chiesa subì delle modifiche per opera dell’architetto D. A. Vaccaro. Fastosi rivestimenti donarono al complesso un aspetto barocco.
Il 4 agosto del 1943 la chiesa fu quasi del tutto distrutta da un bombardamento aereo. Fu poi ricostruita e restaurata secondo l’originario stile gotico e riaperta al culto dieci anni dopo. Da non perdere nel complesso monumentale di Santa Chiara, lo splendido chiostro maiolicato composto da 66 archi a sesto acuto che poggiano su altrettanti pilastri in piperno decorati con scene vegetali.
I pilastri maiolicati sono collegati tra loro da sedili sui quali, con la stessa tecnica, sono rappresentate scene tratte dalla vita quotidiana dell’epoca. Le pareti dei quattro lati del chiostro sono interamente coperte da affreschi seicenteschi raffiguranti santi, allegorie e scene dell’Antico Testamento.
All’interno si può visitare inoltre il museo che conserva alcuni tesori scampati al bombardamento del 1943, uno stabilimento termale romano del I sec d.C. e un tradizionale presepe napoletano con pastori del Settecento e dell’Ottocento.
Chiesa del Gesù Nuovo
Dopo la visita al Complesso Monumentale di Santa Chiara uscite verso la piazza del Gesù Nuovo.
Qui vedrete il grande obelisco barocco dell’Immacolata e la Chiesa del Gesù Nuovo, la più importante chiesa costruita dai Gesuiti a Napoli.
I lavori iniziarono nel 1584 sotto la direzione dell'architetto gesuita P. Giuseppe Valeriano e fu completata nel 1601.
I Gesuiti riutilizzarono la facciata in bugnato a punta di diamante del grande palazzo Sanseverino dei principi di Salerno (1470), secondo una prassi assai diffusa nella Napoli del tempo, data l'esiguità degli spazi edificabili nel centro storico e il divieto di costruire al di fuori delle mura.
Il portale barocco, con colonne e sfarzosi angeli sul timpano con lo stemma dei Gesuiti, IHS, ingloba quello rinascimentale del palazzo. Vale la pena entrare per ammirare il sontuoso rivestimento in marmo, gli stucchi e gli affreschi di gusto naturalistico del grandioso interno barocco.
Basilica di San Francesco di Paola
Al centro del lato curvo della famosa Piazza del Plebiscito sorge la Basilica di San Francesco di Paola, riconosciuta come uno dei massimi esempi di architettura neoclassica in Italia.
La storia di questa basilica cominciò nel 1809, quando Gioacchino Murat, durante il cosiddetto decennio francese, decise di demolire i conventi di Largo di Palazzo (l’attuale Piazza del Plebiscito) dedicati a San Francesco di Paola per ampliare la piazza e trasformarla nel principale foro cittadino.
Inoltre, instituì un concorso per decidere a chi affidare la realizzazione delle nuove strutture. Il lavoro fu affidato all’architetto Leopoldo Laperuta che, proprio di fronte al Palazzo Reale, costruì un ampio portico sorretto da 38 colonne doriche.
Nel 1815, re Ferdinando I, una volta restaurata la supremazia dei Borboni, volle edificare una basilica da dedicare a San Francesco da Paola, come ringraziamento per l’avvenuta riconquista del regno e come risarcimento per la distruzione degli antichi conventi. Quindi, venne indetto un secondo concorso, vinto dall’architetto svizzero Pietro Bianchi che realizzò la chiesa.
I lavori partirono nel 1817 e durarono fino al 1824, ma la chiesa fu inaugurata solo 12 anni più tardi da Papa Gregorio XVI che le conferì il grado di basilica. Per la sua forma circolare ricorda il Pantheon di Roma ed è caratterizzata da una facciata imponente, dominata da un grande colonnato ionico sormontato da un timpano che sorregge le statue raffiguranti la Religione, San Ferdinando e San Francesco di Paola.
Nel porticato si possono vedere le quattro virtù cardinali e le tre teologali, mentre al centro della piazza si stagliano le imponenti statue equestri del re delle Due Sicilie realizzata da Antonio Canova e di Carlo III di Spagna, firmata da Antonio Calì.
L'interno della chiesa è altrettanto maestoso, con una navata centrale ampia e luminosa, decorata con affreschi, stucchi e opere d'arte. Infine, ciò che colpisce di più sono le tre cupole, di cui una più grande, alta 53 metri, esternamente ricoperta da pietra calcarea di Gaeta, che domina la meravigliosa piazza del Plebiscito.
Chiesa di San Domenico Maggiore
Nel cuore della città, lungo la via definita Spaccanapoli, si trova la chiesa di San Domenico Maggiore, un esempio notevole di architettura gotica e rinascimentale risalente al XIII secolo.
L’attuale aspetto neogotico della basilica di San Domenico Maggiore è il risultato di un radicale restauro di metà Ottocento. La storia del complesso però risale al 1283, quando Carlo II d’Angiò finanziò i lavori per un nuovo edificio ecclesiastico, che inglobò un’antica chiesa medievale dell’VIII secolo.
Da allora ebbe inizio una vicenda di trasformazioni e rifacimenti, tra terremoti, incendi e guerre mondiali, fino al recente restauro. Fin dal Rinascimento, inoltre, la basilica è stata un’icona della città anche per via della scelta dei sovrani aragonesi che la elevarono a pantheon dinastico.
Ancora oggi infatti si possono vedere nel ballatoio pensile della sagrestia le Arche Aragonesi, cioè quarantadue tombe dei re aragonesi e di illustri membri della corte napoletana che, in un’epoca compresa tra il Cinquecento e l’Ottocento, scelsero la basilica di San Domenico Maggiore e, quindi, la sagrestia come luogo di sepoltura.
Vedrete delle casse lignee, rivestite di tessuti preziosi, che contengono i corpi mummificati. Vale quindi la pena vedere la sagrestia, un gioiello barocco del XVIII secolo, progettato da Giovan Battista Nauclerio e arricchito dalla volta decorata nel 1709 da Francesco Solimena.
Potrete vedere poi: la Sala del Tesoro dallo splendido pavimento in cotto e maioliche; la cella in cui San Tommaso d’Aquino visse tra il 1272 e 1274 e scrisse la terza parte del suo capolavoro, la Summa Theologiae; la collezione di abiti tra il XV e il XVII secolo che è un’eccezionale testimonianza della storia del costume e della moda aragonese e napoletana.
Chiesa del Purgatorio ad Arco
Nel cuore del centro antico di Napoli, lungo via dei Tribunali, si trova la chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco, nota ai napoletani come la chiesa “de’ ’e cape ’e morte”.
I suoi sotterranei, infatti, un tempo ospitavano l’antico culto delle anime pezzentelle o dei senza nome, spoglie anonime di vittime delle tante calamità che si sono abbattute su Napoli nel corso dei secoli.
Ancora oggi nell’antico ipogeo si celebra l’affascinante culto rivolto a resti umani anonimi che diventano speciali intermediari per invocazioni, preghiere e richieste di intercessioni. Entrare in questa chiesa quindi vuol dire fare un viaggio nella cultura napoletana tra arte, fede, vita e morte.
La chiesa è un mirabile gioiello seicentesco commissionato nel 1616, dalla congregazione laica Opera Pia Purgatorio ad Arco, all’architetto Giovan Cola di Franco, e consacrata nel 1638.
La struttura fu concepita su due livelli, una chiesa superiore che rimandasse alla dimensione terrena e un ipogeo, area cimiteriale, che rappresentasse concretamente il Purgatorio.
La cura delle anime del Purgatorio era uno dei punti principali della nuova chiesa controriformata e tutto l’apparato decorativo del complesso venne ideato per ricordare, a passanti e fedeli, che le anime attendevano una preghiera in suffragio per potersi liberare dal fuoco del Purgatorio e ascendere al Paradiso.
Questa piccola chiesa inoltre custodisce opere come il Teschio alato di Dionisio Lazzari, insieme a capolavori di Massimo Stanzione, Luca Giordano e Andrea Vaccaro. Dalla parte superiore quindi si scende nell’ipogeo, per finire con la visita del piccolo museo allestito negli spazi della sagrestia.
Basilica di San Lorenzo Maggiore
La basilica di San Lorenzo Maggiore è una basilica monumentale di Napoli, tra le più antiche della città, situata nel centro antico, in piazza San Gaetano.
Questa fu il primo edificio religioso ad essere ricostruito secondo lo stile gotico francese, introdotto dagli architetti e dalle maestranze al seguito di Carlo I ’Angiò e della dinastia francese, quando Napoli era capitale del Regno delle due Sicilie.
La pianta attuale della basilica, costruita secondo le esigenze dello spirito francescano, si presenta con una sola grande navata centrale, un’abside e 23 cappelle laterali. L’abside si sviluppa secondo lo stile gotico francese, caratterizzato dalla planimetria circolare, dalle volte a crociera su archi ogivali, da pilastri polistili, archi rampanti e contrafforti.
Tra le cappelle di tutta la basilica, vi è quella dedicata alla Madonna degli Angeli, la quale presenta affreschi realizzati nel 1333-1334 da Antonio Cavarretto, discepolo di Giotto, dedicati alla vita della Vergine.
Il transetto invece presenta al suo centro l’altare maggiore in marmo, eseguito nel 1500 dallo scultore Giovanni Merliano da Nola, con al centro la statua di San Lorenzo, il martire a cui è dedicata la chiesa. A destra invece vedrete la statua di San Francesco ed a sinistra quella di Sant’Antonio.
Sotto la statua di San Lorenzo è scolpito il suo martirio, sotto San Francesco il miracolo del lupo di Gubbio ammansito e sotto Sant’Antonio il miracolo dei pesci che ascoltano la sua parola. L’ampio complesso comprende anche diverse sale riccamente decorate, come la Sala Sisto V con affreschi del Seicento realizzati da Luigi Rodriguez.
Concludete la visita della Basilica esplorando una delle aree archeologiche partenopee più incredibili annesse al complesso religioso angioino, cioè i resti dell’antico Foro di Neapolis.
Chiesa di San Gregorio Armeno
Lungo l’antica strada romana, oggi conosciuta come la strada dei presepi, tra via dei Tribunali e la famosa Spaccanapoli, si trova la chiesa di San Gregorio Armeno, un gioiello del barocco napoletano.
Fu fondato nel VIII secolo dalle monache basiliane in fuga da Costantinopoli con l’avvento dell’iconoclastia. A costruirla fu Giovan Battista Caravagna e Giovan Vincenzo Della Monica nel XVI secolo e fu conclusa nel 1580.
Nell’Ottocento all’interno dell’edificio fu portato il corpo di Santa Patrizia, ritenuta una discendente dell’imperatore Costantino, e con il passare del tempo il culto della santa divenne quasi più forte di quello del santo.
Perciò è anche chiamata chiesa di Santa Patrizia, dove ogni martedì e ogni 25 agosto, giorno in cui è generalmente festeggiata, si può assistere al miracolo della liquefazione del sangue della santa.
La chiesa oggi si presenta con un’elegante facciata mentre l’interno, di impianto cinquecentesco, ha una navata unica e cinque cappelle laterali ricche di fantastiche decorazioni barocche. Risalta subito all’occhio il soffitto a cassettoni, voluto dalla badessa del convento Beatrice Carafa e realizzato nel 1580 dal pittore Teodoro d’Errico.
Suddiviso in venti scomparti, contiene sedici tavole narranti la vita dei santi, le cui reliquie sono custodite nel convento. Vedrete poi gli affreschi del ‘600 di Luca Giordano con le storie di San Gregorio Armeno e San Benedetto.
Con il concilio di Trento poi la chiesa subì pesanti riforme fra cui l’istituzione di penitenze obbligatorie. Per esempio vennero introdotte le cosiddette “Scale Sante” che le monache dovevano salire in ginocchio tutti i venerdì di marzo.
Infine scoprite il chiostro, dove è possibile ammirare il gruppo di sculture raffiguranti Cristo e la Samaritana al pozzo di Matteo Bottegliero.
Certosa di San Martino
Un’altra delle chiese da non perdere a Napoli è la certosa di San Martino che sorge sulla cima della collina del Vomero e si affaccia sul meraviglioso golfo di Napoli.
Fu fondata nel 1325 per volere di Carlo D’Angiò che chiamò l’architetto e scultore senese Tino di Camaino.Il complesso ha subito diversi rimaneggiamenti e ampliamenti in stile barocco, al punto che oggi la certosa rappresenta uno dei massimi esempi di pittura e scultura napoletana del seicento.
La chiesa presenta una navata unica con otto cappelle laterali, rivestite da preziose tarsie marmoree. La volta, che conserva la primitiva struttura trecentesca, viene ridipinta da Giovanni Lanfranco nel 1637 e raffigura l’Ascensione di Cristo in una gloria di luce dorata.
Nel coro, le grandi tele alle pareti furono commissionate ai più grandi artisti del XVII secolo: Guido Reni, Massimo Stanzione, Jusepe de Ribera, Battistello Caracciolo.
Nella sagrestia monumentale, i pregevoli armadi in noce sono stati realizzate da artisti fiamminghi e napoletani. Oggi inoltre la certosa ospita un museo che racconta la storia della città di Napoli.
Non perdete infine il meraviglioso chiostro grande, realizzato verso la fine del Cinquecento sull'impianto trecentesco del chiostro originario da Cosimo Fanzago, e quello dei Procuratori, opera del Dosio e risalente alla fine del XVI secolo.