
Periodo: dicembre
DAY 1 – DOMENICA 23/12/12 – MILANO TO REYKJAVIK
Il primo giorno è dedicato interamente al viaggio. Tocco il suolo islandese alle 23:55 e per raggiungere il Kex Hostel (18 euro – Female Dorm – 5 notti), prendo il bus della Iceland Excursion per 2.200 ISK, che mi lascia, dopo un’oretta, proprio di fronte all’entrata. Lo si può prenotare sul sito web oppure acquistare il biglietto direttamente in aeroporto.
DAY 2 – LUNEDI’ 24/12/12 – REYKJAVIK
Il primo pensiero in questa vigilia di Natale islandese è quello di andare a comprarmi qualcosa da mettere sotto ai denti prima delle 12, orario in cui tutti i negozi chiudono le saracinesche in vista dei festeggiamenti natalizi. Il sole fa ufficialmente capolino intorno alle 11 e regala magnifici scorci di cielo rosa e arancio dietro l’Hallgrímskirkja.
Senza successo, passo tutto il pomeriggio alla ricerca di un tour per l’aurora boreale per la sera stessa, ma essendo la vigilia c’è solo un’agenzia e ovviamente è sold out. Poco male, perchè alla fine il cielo si è coperto completamente. Prenoto, invece, un 2 days tour per il sud. Occasione che non potevo perdere, dal momento che nei successivi due giorni qualsiasi esercizio commerciale sarebbe stato chiuso.
Ovviamente per i turisti appare come un disagio, ma se ci pensiamo bene, significa che questo popolo tiene veramente alle proprie tradizioni, alle proprie famiglie e non è disposto a metterle da parte solo per incrementare qualche entrata. Mentre passeggiavo su Laugavegur, la strada principale coi negozi, mi sono imbattuta in un portone aperto, all’interno di cui ho trovato un vecchio parco giochi pieno di murales. Per gli amanti del genere è una chicca piacevole.
DAY 3 – MARTEDI’ 25/12/12 – REYKJAVIK TO SKAFTAFELL
Come per tutti gli altri tour a cui parteciperò, è previsto un pick up al proprio hotel alle 9:00. Veniamo accompagnati agli uffici del tour operator e smistati su due pulmini con rimorchio al seguito per le valigie.
Saremo circa una ventina.
Il percorso si snoda verso sud e immediatamente muta. Dal verde intorno a Reykjavik, iniziamo a salire leggermente e ci troviamo in mezzo a montagne, neve, e fiumiciattoli ghiacciati. Siamo nella zona delle delle Blue Mountains, visibili anche dalla passeggiata lungo l’Oceano in Reykjavik. Queste montagne, con altezza massima di 700mt, si estendono sull’altopiano vulcanico di Hellisheiði e rappresentano una importante zona sciistica per la zona. Non solo, costituiscono la maggior fonte di acqua di tutto il paese.
La prima cittadina degna di nota è Sellfoss, che, con i suoi 6500 abitanti, conquista il primato come città più grande del Sud. Nel frattempo inizia a spuntare un timido sole che colora il cielo di rosa e arancione. Ogni giorno l’alba è diversa e ogni giorno è un’emozione fantastica. Da lontano, avvolto nelle nubi, si intravede il Monte Hekla, il cui nome significa “incappucciato” perchè è sempre ricoperto da una calotta di neve e ghiaccio. Con i suoi 1491 mt di altezza, questo vulcano è il più attivo dell’isola e nell’antichità veniva considerato la porta dell’inferno. L’ultima forte eruzione si è verificata nel 2000 e in questi giorni è sotto vigile monitoraggio delle Autorità islandesi.
La tappa successiva è la cascata di Seljalandsfoss, una delle più famose cascate d’Islanda. Il fiume Seljalandà (fiume liquido) cade da 60mt, una vecchia scogliera sull’Oceano e che ora segna il confine tra Lowlands e Highlands. La particolarità di questa cascata è che è possibile passare dietro il suo getto d’acqua e ammirarla anche da quella prospettiva. La cosa affascinante del visitarla in inverno è vedere tutte le goccioline ghiacciate adagiate sul prato antistante. Il tentativo di arrampicarmi sul sentiero per passare dietro al getto è fallito miseramente: la stradina era completamente ghiacciata e ho preferito non rischiare.
Prima di raggiungere la cascata successiva, facciamo una breve sosta punto di osservazione del Eyjafjallajokull (ghiacciaio dei Monti delle Isole).
Questo vulcano alto 1666mt, divenuto famoso nel 2010 per aver bloccato il traffico aereo per molti giorni, è ricoperto totalmente da un ghiacciaio.
Poco distante, visitiamo un’altra cascata, Skógafoss, originata dal fiume Skógáa, proveniente dal vicino Eyafjallajökull. Come per la precedente, la sua imponente bellezza è amplificata dalla presenza del ghiaccio su tutta la zona antistante.
Essendo solamente il secondo giorno, non ero ancora entrata in contatto con il clima islandese. La cosa che più mi lascia esterrefatta è vedere come la natura cambi nel giro di pochi metri. Da prati verdeggianti con cavalli al pascolo, passiamo a campi di lava o ancora a un sottile strato di neve. Ecco, la neve, questo misterioso personaggio. Fino a metà vacanza non sono riuscivo a spiegarmi per quale motivo percorrevamo strade pulite, che improvvisamente diventavano sporche di neve, una neve asciutta e “polverosa”. Per questa sua caratteristica, il vento, protagonista incontrastato dell’isola, la fa danzare qua e là, creando queste strane macchie di polvere bianca che si spostano da un punto ad un altro.
Il successivo stop è nella cittadina di Vik ì Myrdal, posta ai piedi del ghiacciaio Myrdalsjökull che copre la cima del vulcano Katla. Questa posizione è pericolosa in caso di eruzione che potrebbe scatenare una violenta inondazione. Il pulmino ci lascia nel parcheggio a fianco del piccolo autogrill che, essendo Natale, ha aperto solo negli orari di afflusso dei tour organizzati da Reykjavik.
Il vento è fortissimo e la guida ci prega di stare molto attenti sulla spiaggia perchè le onde sono molto alte e potrebbero raggiungere anche zone ritenute “sicure” in caso di cavalloni. Non ha assolutamente tutti i torti visto che si sono già verificati incidenti di questo tipo con turisti incauti.
L’atmosfera è molto suggestiva: la sabbia è nerissima, il mare rumoreggia come fosse in tempesta e poco lontano da riva spuntano dall’acqua tre faraglioni rocciosi, Reynisdrangar, resti di una scogliera un tempo più estesa. La storia popolare, invece narra che due troll giganti cercarono di portare a riva una nave, ma tutti e 3 vennero trasformati in pietra quando il sole sorse e non riuscirono a trovare tempestivamente riparo in una grotta.
Tornando alla spiaggia di Reynisfjara, si percepisce qualcosa di fortemente magico (la magia sarà il leit motiv del viaggio) e anche le foto mi escono un po’ particolari: il contrasto è così strano che sembrano scattate in bianco e nero, sebbene non sia così.
Risaliamo sul pulmino e riprendiamo la strada per l’area del Vatnajökull. Percorriamo chilometri e chilometri di spiagge nere e ci fermiamo ad ammirare Eldgjarhraun, il campo di lava più grande del mondo formatosi in seguito ad un’unica eruzione. Per arrivare al Skaftafell National Park attraversiamo il ponte più lungo d’Islanda (900mt) costruito nel 1967. Sono passate le 17 e ormai è totalmente buio. Solo la mia reflex, con tempi di esposizione lunghissimi, riesce a immortalare la bellezza dei ghiacciai intorno. Che spettacolo. Questo parco è il secondo per grandezza in Islanda e comprende il ghiacciaio Skaftafelljökull, appendice del maestoso Vatnajökull. E’ un parco molto frequentato nella stagione estiva per le numerose attività di trekking che è possibile effettuare nel suo interno.
Prima di arrivare alla guesthouse, facciamo una breve tappa alla Glacier Lagoon Jökulsarlon. E’ la laguna ghiacciata più famosa dell’isola, con una profondità di 250mt e un’estensione di 18km2. Si trova alla base del ghiacciaio Breidamerkujökull, parte del più grande Vatnajökull.
E’ proprio dalla lingua del Breidamerkujökull, da cui si staccano blocchi di ghiaccio che galleggiano nella laguna dando origine a un paesaggio artico surreale. Nella stagione invernale, quando l’acqua della laguna per la maggior parte è ghiacciata, gli icebergs si muovono molto più lentamente ed è possibile ammirarli in tutto il loro splendore prima che raggiungano l’oceano.
Dopo questa rapida sosta, raggiungiamo la Guesthouse Gerði a pochi km dalla laguna. Si trova in una posizione veramente fantastica, da una parte la parete rocciosa della montagna e dall’altra l’oceano. Il cielo era completamente sereno ma purtroppo niente aurora boreale.
DAY 4 – MERCOLEDI’ 26/12/12 – SKAFTAFELL TO REYKJAVIK
Dopo colazione si parte per gustarci Jökulsarlon con la luce. E’ il momento dell’alba e i ghiacciai circostanti iniziano a tingersi di rosa. Il silenzio è rotto solo dalle risa di qualche turista e dai piccoli tuffi delle foche che abitano la laguna. Una cosa che subito mi colpisce è il colore degli iceberg: blu, bianchi e sporchi di nero. Chiedo alla nostra guida che prontamente mi spiega il colore nero è dovuto ai sedimenti di roccia e cenere intrappolati al loro interno, il blu caratterizza gli iceberg di recente formazione e infine quelli bianchi più antichi.
Ci spostiamo poi verso la spiaggia lavica su cui si depositano alcuni degli iceberg della laguna. Sabbia nera, oceano schiumoso, pezzi di “vetro” dalle forme più strane adegiati sulla sabbia scura. Ecco il ritratto di questo momento.
Riprendiamo la strada verso Reykjavik e ci fermiamo nel parco di Skaftafell per affrontare una semplice passeggiata sul ghiacciaio Svinafellsjökull. Montiamo i ramponi e in fila indiana iniziamo a “bucherellare” il ghiaccio sotto ai nostri piedi, prestando attenzione a non allontanarci dalla guida. I crepacci sono sempre dietro l’angolo.
Lungo la strada facciamo una brevissima sosta nel Sandur più vasto del mondo (vasta distesa di sabbia creata dal trasporto di detriti da parte di un fiume glaciale) dove si possono vederele rovine del ponte Skeiðarársandur, crollato nel ’96.
Il crollo è stato determinato dall’eruzione di uno dei vulcani sotto i ghiacci spessi 300-500mt del Vatnajökull. Quando si verifica questo tipo di eruzione glaciale, jokulhlaup, le centinaia di metri del ghiacciaio si sciolgono e inondano il paesaggio circostante.
Nei dintorni di Vik il nostro viaggio subisce un rallentamento perchè incontriamo un blizzard di neve, che dopo pochi km scompare dietro una curva. Intorno alle 23 rientro a Reykjavik, un po’ triste perchè dopo due giorni in mezzo alla natura, anche una città a misura d’uomo come questa, mi sta stretta.
DAY 5 – GIOVEDI’ – 27/12/12 – TOUR NELLE HIGHLANDS
Oggi è il giorno del tour nelle tanto “irraggiungibili” Highlands. Alle 9:00 inizia il pick-up con un gigantesco 4×4. Pochi km a nord di Reykjavik e ci ritroviamo davanti ad un paesaggio di montagne innevate e un pittoresco fiordo, Hvalfjördur. La guida ci spiega che un tempo chi si doveva spostare in questa zona, doveva percorrere tutti 62 km del fiordo impiegandoci quasi un’ora. Per questo piccoli borghi come Borgarnes, sono rimasti quasi isolati fino alla costruzione, nel 1998, del tunnel sottomarino Hvalfjarðargöngin (1000ISK). Incontriamo l’ultima area di servizio nei pressi di Deildartunguhver, dove c’è una sorgente di acqua calda con una portata di 180 litri al secondo ed una temperatura di 97 °C. Parte dell’acqua viene ovviamente utilizzata per il teleriscaldamento.
Il paesaggio cambia man mano che ci addentriamo su questa strada deserta. Le Lowlands lasciano presto spazio alle Highlands. Ci fermiamo ad ammmirare le cascate glaciali di Hraunfossar e Barnafoss. La prima deriva dal fiume Hvítá, anche se sembra sgorgare direttamente dal campo lavico di Hallmundarhraun, originato dall’eruzione dei vulcani che si trovano sotto il ghiacciaio Langjökull.
A fianco, troviamo Barnafoss (cascata dei bambini) in cui, secondo la leggenda, sono scivolati da un ponte due bambini.
Dopo questo incidente la madre chiese ai concittadini di distruggerlo. Superiamo le cascate e abbandoniamo la strada principale per raggiungere il vicino campo lavico di Hallmundarhraun (hraun significa lava) dove faremo Lava caving. Una breve passeggiata in mezzo ad un paesaggio assolutamente lunare e arriviamo all’ingresso di una delle grotte che si sono formate durante l’eruzione.
Da questo momento in poi la strada sarà del tutto sterrata e supereremo numerosi cartelli con scritto “IMPASSABLE – Ófært”. Ci stiamo addentrando nel deserto di Kaldidalur (Valle Fredda) dove la natura non ha concesso la sopravvivenza di nessun essere umano o animale. Il silenzio è surreale, si ode solo il soffio del vento e lo scorrere dell’acqua dei vari fiumi glaciali. Arrivati al passo Kaldidalur iniziano a fare la loro comparsa ghiaccio e neve e iniziamo a sgonfiare i pneumatici per evitare di forare. Non ci sono parole per spiegare quello che andremo a fare di lì a poco. Con il nostro 4X4 ci addentriamo in questa vallata ghiacciata, che non è altro che l’estensione dell’enorme ghiacciaio Langjökull.
Durante la salita alla cima rimaniamo più e più volte impantanati, ma la nostra fantastica guida riesce sempre a trovare una soluzione e arriviamo a 1000mt.
Il tempo inizia a mettersi male e inizia a nevicare, così ripieghiamo velocemente verso Þingvellir National Park. Questa è la sede del primo Parlamento islandese, Althing, dove nell’anno 1000 venne decretato il Cristianesimo come unica religione del paese. Oltre a questo, ammiriamo il profondo canyon formatosi in seguito a eventi sismici tipica di questa zona. Non è altro che la spaccatura e la deriva delle placche tettoniche dell’Eurasia e quella Americana, che continuano a spostarsi di pochi cm all’anno.
DAY 6 – VENERDI’ – 28/12/12 – TOUR GOLDEN CIRCLE
Dopo una mattina di riposo, cercando di organizzare il Capodanno a Isafjördur, decido di partecipare al più classico dei tour islandesi: il Golden Circle Tour.
Solitamente viene fatto in una giornata intera e non in questa versione Express.
La prima tappa è nuovamente il Þingvellir National Park, che riesco a visitare con un po’ di luce, ma sotto a una pioggia battente. Era solo il preludio di cio’ che, meteorologicamente parlando, ci avrebbe spettato al ritorno. Da qua ci spostiamo attraverso la Valle Haukadalur, famosa per essere un’area geotermale. Qui assistiamo al famoso spettacolo di Strokkur, uno dei geyser più potenti d’Islanda.
Il nome stesso geyser deriva da Geysir, ora inattivo, che costituisce il più antico geyser islandese che fino agli anni Settanta eruttava colonne d’acqua alte quasi 60mt. In questa area, oltre a Strokkur ci sono altri piccoli geyser, come Litl Geysir e pozze d’acqua che gorgogliano. Un esempio sono le pozze gemelle Blesi, dove una è costituita da acqua trasparente e l’altra da acqua di un colore blu intenso. E’ da tenere ben presente che l’acqua può raggiungere i 125° e quindi è assolutamente vietato superare le recinzioni e provare ad immergere anche solo un dito per provare.
L’ultima tappa è la grandiosa cascata di Gullfoss (cascata d’oro) generata dal fiume Hvìtà le cui acque compiono due salti. La storia di questa cascata vuole che all’inizio del XX secolo una società inglese voleva acquistarla per poterci costruire una diga che alimentasse una centrale idroelettrica. Una coraggiosa contadina di una fattoria a cui apparteneva la cascata, si oppose con tutte le sue forze e si fece aiutare dall’avvocato che poi diventò il Presidente della Repubblica dell’Islanda.
La donna minacciò di gettarsi nella cascata nel caso in cui questa operazione avrebbe avuto successo. Alla fine, nonostante vinse la società inglese, la diga non venne costruita e nei pressi della cascata è possibile ammirare una statua dedicata alla coraggiosa donna.
Tengo a sottolineare come gli islandesi amino la loro terra, la loro natura incerta e crudele e fanno di tutto per proteggerla dalla marcia capitalistica. Tornando alla mia giornata, anche questo rientro sarà fatto sotto ad una fitta nevicata che ci rallenta di molto il viaggio.
DAY 7 – SABATO – 29/12/12 – REYKJAVIK TO AKUREYRI
Eccomi pronta per prendere il piccolo velivolo dell’Air Iceland per andare a Nord. Dall’essere in super anticipo (l’aeroporto apre solo alle 8:00), finisco quasi per perderlo nel tentativo di fare gli ultimi 500mt a piedi.
In questi giorni monitoro la situazione dei West Fjords, sempre la mia idea alternativa di passare Capodanno a Isafjördur. Non ho fatto però i calcoli con la terribile tempesta che proprio in quelle ore hanno colpito la parte ovest dell’isola, costringendo gli sfortunati abitanti rimasti senza luce ad abbandonare le loro case. Essendo incerta sul da farsi, avevo pensato di prenotare solo l’andata: ottima mossa.. il ritorno per il 2 gennaio era sold out e poi sarei dovuta tornare in Italia. Opss! Vado al bancone della compagnia e cerco di ottenere qualche info in più ma l’unica cosa che la gentilissima hostess mi dice è “E’ sold out. Se vuole la metto in lista d’attesa oppure le vengo incontro e le rimborso il costo del volo”. Due minuti di paura e con un groppo in gola, opto per il rimborso. Probabilmente è stata la scelta giusta visti i metri di neve che sono caduti nelle ore successive, ma il rospo si è fermato dritto in gola.
L’aeroporto domestico di Reykjavik è davvero minuscolo: appena entri trovi due banchi per il check in, nessun security gate ma una piccola sala d’attesa prima di un rapido controllo del passaporto e di dirigersi a piedi verso il piccolo aereo.
Ok, la tempesta mi perseguita.
Tutti i voli, causa vento forte, sono annullati ma il mio parte. Ad Akureyri mi aspetta la guida che mi dovrebbe portare al Lago Myvatn, ma niente da fare. Il ragazzo comunica a me e agli altri ospiti, che le strade sono impraticabili ed è spiacente ma si vede costretto ad annullare il tour.
Poco male, finalmente mi riposo rintanata in hotel (troppo di lusso per i miei standard). Questa apparente sfortuna è stata la mia salvezza. E’ proprio qui che conosco due gentilissime signore italiane con cui dividerò i successivi tre giorni. Nel pomeriggio faccio un rapido giro per Akureyri, una cittadina, o meglio paesino, molto piccolo e molto intimo. Si affaccia su un fiordo ed è qui che inizio a percepire un’atmosfera artica, un po’ come in Norvegia. Non ci sono molte attrattive, se non il minuscolo porticciolo e la chiesa, simile a quella di Reykjavik, ma è proprio questo essere in minitatura che la rende piacevole. A fine pomeriggio, ecco che rispunta un’altra tempesta, vento, neve che si accumula a vista d’occhio. Mi sembra chiaro che il tour salterà anche il giorno dopo e in quel momento penso che sarà tanto se già riuscirò a rientrare nella capitale.
DAY 8 – DOMENICA – 30/12/12 – AKUREYRI TO REYKJAVIK
Al risveglio tutto è imbiancato e il paese sembra deserto e ancora addormentato. Per fortuna ha smesso di nevicare e cerco di capire cosa ne sarà della mia giornata. Anche oggi il tour è annullato e non resta che decidere come ritornare a Reykjavik. Ritrovo le due signore italiane che stanno cercando di capire se e quando la strada per la capitale sarà riaperta.
Rispetto al giorno precedente la situazione è migliorata, ma rimane il tratto di Varmahlíð colorato di nero (difficili condizioni di guida), ma almeno non è più rossa (non transitabile).
Mi offrono di fare il viaggio con loro e accetto molto volentieri. Oltre alla compagnia ho modo di ammirare i paesaggi del nord. A mezzogiorno la situazione sembra migliorato e decidiamo di partire. La prima parte scorre liscia, in mezzo ad alte montagne e ad un deserto bianco intervallato solo da qualche fiumiciattolo ghiacciato. Abbiamo anche l’onore di assistere a squarci di sereno inaspettati. Ci fermiamo più volte in mezzo alla strada deserta per ammirare meglio il paesaggio e soprattutto per godere di quel silenzio assoluto che ti rigenera.
Tappa a Varmahlíð per rifornire i nostri stomaci, ancora ignare dei 15 minuti da paura che ci aspetteranno. Dopo la stazione di rifornimento la strada inizia a salire e iniziamo proprio quel tratto che fino a poche ore prima era intransitabile. Il cartello che mostra la forza del vento indica 28 m/s. Mi ricordavo che la guida mi disse che con 20 bisognava già prestare attenzione alle forti raffiche di vento, ma qua siamo ben oltre. La strada percorre una valle stretta tra alte montagne e quasi completamente disabitata. Quelle poche abitazioni hanno l’aria di essere ghiacciate con la neve “appicciccata” a mura e vetri. Incrociamo una macchina e il guidatore ha la faccia terrorizzata. Che succede? Tempo di farci questa domanda e la visibilità scende improvvisamente a 0.
Il vento è così forte che trascina tutta la neve a bordo strada e crea mulinelli e un muro completamente bianco. Ormai non riusciamo più a distinguere le due corsie e solo i paletti ci salvano. Giusto pochi giorni prima la guida mi aveva spiegato che, a seconda della corsia, hanno una striscia bianca oppure due. Procediamo a passo di lumaca, a volte inchiodando, esclamando “paletto”. Finalmente finito il valico, torniamo a vedere. Il primo centro abitato che incontriamo è Blöndùos.
L’atmosfera è quasi da pelle d’oca, post-atomica. E’ primo pomeriggio e non c’è nessuno in giro. Il grigio, il bianco e il nero la fanno da padrone e tutte le case sono “ghiacciate”, tanto da sembrare abbandonate.
Incrociamo poi le deviazioni verso i West Fjords con un cielo e un oceano che sembrano in guerra. Ed ecco il cartello “Isafjördur 344km”. Una stretta allo stomaco. Piano piano abbandoniamo il mondo selvaggio che tanto amo e torniamo alla civiltà. Attraversiamo la piacevole Borgarnes e per le 18 arriviamo a Reykjavik. Passo la notte nel carino Hotel Floki (40 euro – Stanza privata – 2 notti).
DAY 9 – LUNEDI’ – 31/12/12 – REYKJAVIK
Eccomi all’ultimo giorno del 2012. Il vento soffia così forte, che è quasi impossibile aprire le portiere della macchina. Dopo una mattina passata per negozi di souvenir, facciamo un giro in macchina poco fuori Reykjavik e scopriamo un bellissimo angolino in cui sorge il faro Gròtta, in località Seltjarnarnes. Siamo anche fortunate perchè il sole ci regala splendidi colori e riflessi sull’oceano.
Il 31 dicembre è un giorno molto sentito in Islanda, anche perchè gli islandesi finalmente possono dar sfogo alla loro passione per i fuochi d’artificio. Non è come nel mio paesino che la Pro Loco organizza il tutto, ma sono direttamente i cittadini che li sparano. Chissà perchè lì non succede mai nulla a differenza dell’Italia! Un altro festeggiamento tipico sono i falò accesi nei vari quartieri della città. Essi vengono accesi con dei legni di varie dimensioni accatastati nei giorni precedenti nel luogo in cui si terrà la celebrazione.
Anche la raccolta dei legnetti ha dietro di sè un rito: le famiglie e i bambini donano questi pezzi di legno nei giorni precedenti la celebrazione. Decidiamo allora di andare a vedere uno di questi falò e poi andiamo nella piazza principale della Hallgrimskirkja da dove assistiamo ad un bellissimo spettacolo pirotecnico.
Il tutto si continua per almeno un altro paio d’ore (e la sera successiva) e la cosa più affascinante è che tutti partecipano alla celebrazione. Il cielo di ogni angolo della città si dipinge di meravigliosi colori.
DAY 10 – MARTEDI’ – 1/01/13 – TOUR REYKJANES PENINSULA
Festeggio il primo giorno del nuovo anno 2013 nella penisola di Reykjanes. Il pick-up è anticipato rispetto al solito, alle 8:00. Il nostro primo stop è a Sandgerði, un borgo di pescatori. Ovviamente è ancora buio e riusciamo solo a sentire il brontolio dell’oceano senza riuscire a scorgerlo. Da qui riprendiamo il viaggio e andiamo a visitare Hvalneskirkja, una piccola chiesa di legno risalente a fine 1800. Nello spazio antistante si estende un piccolo cimitero, le cui croci sono tutte adornate da luci colorate per la celebrazione delle festività natalizie. Il cielo blu scuro, la luna piena e questi colori sgargianti suscitano una piacevole inquietudine.
Lasciamo la chiesetta e su una strada sterrata e attraverso campi di lava, ci dirigiamo verso Sandvik dove osserviamo la faglia creata dalla separazione delle due placche come avevo già visto a Þingvellir. La tappa successiva è il faro di Reykjanesviti, uno dei più antichi d’Islanda. Arriviamo fino alla scogliera nera contro cui si scagliano con ferocia grandi cavalloni. Il silenzio, interrotto dalla burrasca, è inebriante.
Poco lontano si trova l’area geotermale di Gunnuhver, piena di fumarole, pozze di fango che ribolle e un’aria impregnata di zolfo. E’ un luogo surreale, quasi lunare. Secondo la leggenda, una fantasma di nome Gunna creò un sacco di disagi alla zona, finchè un prete la intrappolò e la fece cadere in una pozza a 300°.
E’ ora di fare una tappa relax alla famosissima Blue Lagoon, una delle mete più apprezzate dai turisti. Devo ammettere che è molto piacevole stare in acqua a 35° mentre fuori è tutto innevato, ma bisogna trovare l’orario giusto.
Io sono fortunata e fino alle 13 c’è poca gente, ma da questo orario in poi le persone si moltiplicano ed è molto fastidioso. L’acqua di questa laguna è ricca di zolfo e silicio, e quindi molto adatta alla cura delle malattie della pelle.
Alle 14 lasciamo la laguna e raggiungiamo Grindavík, un piccolo villaggio di pescatori. Da qui proseguiamo attraverso campi di lava e raggiungiamo l’area geotermale di Krýsuvík. C’è un percorso segnato che ci porta in mezzo a pozze che ribollono e solfatare. Ma un’altra cosa mi mostra questa Krýsuvík: Bjork. Sì, proprio la piccola elfo islandese si sta aggirando in mezzi ai fumi della sua terra. Credo di essermi ripetuta per almeno mezz’ora “Non ci credo, non ci credo..”.
L’ultima tappa è Kleifarvatn, il lago più grande della penisola di Reykjanes. E’ uno dei più profondi d’Islanda, con i suoi 97mt di profondità e si trova in un cratere formato sulla dorsale Medio-Atlantica. Il lago non è alimentato da fiumi ma da sorgenti calde lunga la riva e da acqua piovana. Secondo la leggenda, le sue acque sono abitate da una creatura gigantesca, somigliante ad un serpente e dalle dimensioni di una balena.
DAY 11 – MERCOLEDI’ – 2/01/13 – TOUR SNAEFELLSNESS PENINSULA
Sono arrivata all’ultimo giorno della mia permanenza in Islanda. Che tristezza. Il tempo è triste quanto me, piove ed è grigio. Procediamo verso Nord, fino alla prima tappa del tour, Langarfoss, un fiume impetuoso ricco di salmoni.
Attraversiamo immensi campi di lava fino a fermarci in uno di questi per ammirarli più da vicino. Siamo a Rauðhálsahraun.
Lì vicino facciamo il bagno in una pozza d’acqua calda naturale. Che emozione correre nelle neve in costume e gettarsi dentro l’acqua tiepida.
Abbastanza simile all’esperienza della Blue Lagoon, ma questa è sicuramente migliore per la connotazione selvaggia che la contraddistingue. Riprendiamo la strada principale e ci dirigiamo verso Buðir con l’omonimo hotel in cui sorseggiamo un’ottima zuppa di pomodoro.
Sembrerò ripetitiva, ma la solitudine di questo luogo è speciale e ti lascia senza parole. Non importa se è tutto grigio, ma la forza magnetica di questa natura è sempre presente. Dopo questa tappa ci addentriamo nella Snæfellsjökull glacier area. Il ghiacciaio Snæfellsjökull ricopre il vulcano Snæfell ed è famoso perchè lo scrittore francese Jules Verne, nel suo romanzo “Viaggio al centro della Terra”, lo indica come punto d’ingresso per raggiungere il centro della terra. Per gli esoteristi il vulcano è il punto di convergenza di poteri speciali e tutta l’area è considerata magica. Prima che faccia buio ci fermiamo a Arnarstapi, all’Eagles Point, una terrazza panoramica sull’oceano rabbioso. Il nome deriva sicuramente dalla possibilità di avvistare varie specie di uccelli, ma io non ho questa fortuna.
L’ultima tappa è alla spiaggia di Djupalon. Ormai l’oscurità sta avendo la meglio sulla luce del giorno, rendendo l’atmosfera ancora più cupa e inquietante. L’oceano si abbatte con forza contro gli scogli e più volte rischio di essere investita dall’acqua. La spiaggia è scurissima, come il cielo, fatta migliaia di ciotoli levigati. La guida ci spiega che la zona è creduta un’importante fonte di energia e ci consiglia di raccoglierne qualcuno. Mentre siamo lì in ascolto del mare, si scatena un’acquazzone che, per caso o no, dura solo un minuto, il tempo per allontanarci dalla spiaggia. Sembra quasi che la spiaggia si fosse stancata della nostra presenza e volesse tornare nella sua solitudine.
Ritorniamo a Reykjavik, il che segna per me la fine, del viaggio ovviamente.
DAY 12 – GIOVEDI’ 3/01/13 – REYKJAVIK TO MILANO
Sveglia notturna per raggiungere l’aeroporto in tempo.
Il bus passa a prendermi alle 5.30, in modo da essere a Keflavik prima delle 7:00. Si rientra in Italia, facendo sempre scalo a Londra.