
15 giorni in Svezia, dal sud fino alla Lapponia – parte I
22 aprile 2010
Ancora brutto tempo a Stoccolma: il cielo è grigio, ma fa meno freddo di ieri e fortunatamente non piove, anche se ogni tanto si vede volare qualche fiocco di neve. Impiego la mattinata per visitare Gamla Stan, l’isola che costituisce il centro storico di Stoccolma. E’ effettivamente difficile fermarsi mentre si attraversano le viuzze, i vicoli e le piazze di questo luogo, tale è la loro bellezza ed il loro fascino; può sembrare strano che il centro storico di una città come Stoccolma sia così piccolo (è sintomatico che la Cattedrale qui ospitata non sia infatti altro che una piccola chiesetta, cui fu dato il rango di cattedrale perché vi avvenivano le incoronazioni dei re di Svezia): eppure tutto ciò non fa che aumentare il fascino della capitale Svedese.
Assisto poi ad una parata militare con tanto di banda e guardie a cavallo di fronte all’immenso Palazzo Reale, visito le altre due isolette (Riddorholmen e Helgeandsholmen) che fanno parte del centro storico della città, passando per il Parlamento, quindi vado a mangiare un piatto tipico svedese in un locale a Gamla Stan consigliato dalla Lonely Planet, il Den Gyldene Freden: pranzo delizioso (mi servono diversi pezzetti di aringhe cucinati in modi diversi: marinate, fritte, con varie salsine strane) anche se un po’ caro (170 Kr per il piatto di pesce e l’acqua, ma siamo pur sempre in Svezia!).
Nel pomeriggio mi sposto sull’isola verde di Djurgarden, dove visito il bellissimo VasaMuseuum, dove è custodito il relitto di una nave reale affondata nel ‘600 e recuperata nei primi anni’50: la nave è fantastica, e resto per due ore nel museo come stordito da tanta bellezza, girando intorno al relitto immenso, conservato davvero in uno stato eccezionale (il museo è poi ricco anche di ricostruzioni storiche del recupero della nave, di “zone tematiche” in cui vengono descritti gli stili di vita dell’epoca, e la vita sulle navi, etc.).
Faccio poi un salto sull’isola di Kungsholmen, dove visito lo Stadhuset, il palazzo dove vengono assegnati i premi nobel: molto bella la vista della città dai giardini, peccato che sulla torre si possa salire solo nei mesi estivi.
Piccola divagazione: la cosa che più mi affascina di Stoccolma è che, essendo costituita da tante isole, più o meno piccole e ben delimitate, ognuna di esse possiede le sue caratteristiche: c’è l’isola che ospita il centro storico, quella che ospita i musei, c’è l’isola verde, l’isola più commerciale, e così via!
Ciò rende Stoccolma una città grande (anche se non una metropoli) ma costituita da tanti piccolissimi e deliziosi “microcosmi” collegati da centinaia di ponti giganteschi che offrono delle viste magiche e spettacolari.
La sera, ceno in un pub vicino alla stazione e poi vado ad esplorare la città di notte: pochissima gente per le strade a causa della lieve pioggerellina che cade e del freddo, e questo rende ancora più affascinante il suo centro storico di Stoccolma che, silenzioso, mi accoglie con le sue luci, i suoi palazzi medievali, le sue stradine meravigliose. Bellissima.
23 aprile 2010
A Stoccolma mi sveglio per la prima (e ultima) volta con un sole splendente. Essendo la giornata propizia, dopo il check-out all’ostello, deposito lo zainone in una cassetta di sicurezza della stazione e vado a scattare foto per la capitale. Torno allo Stadhuset, i cui giardini erano deserti e silenziosi ieri, e che ora trovo ridenti, pieni di gente, bambini e turisti soprattutto; e la vista mozzafiato della città che si può apprezzare da qui è, col sole, davvero da non perdere. Vado poi a visitare Skansen, quella che viene definita la “città presepe”, una sorta di parco a tema che riproduce la vita in Svezia dal passato ai giorni nostri: nel complesso trovo questa piccola città (che si trova nel cuore dell’isola verde di Stoccolma, Djurgarden), abbastanza deludente, tranne forse per la ricostruzione di alcune abitazioni Sami e la presenza di qualche animale tipico della Svezia (una parte di Skansen è adibita a zoo). Dopo pranzo, giro ancora un po’ per Stoccolma scattando foto e apprezzando il bel sole, poi alle 18 torno in stazione e prendo il notturno per Abisko: domani arrivo finalmente in Lapponia!
24 aprile 2010
Dopo una serata trascorsa guardando i primi paesaggi davvero incontaminati scorrere davanti ai miei occhi e parlando col mio simpatico compagno di cabina (un trekker cinquantenne svedese eccitatissimo dal fatto che io fossi italiano, visto che uno dei posti più belli dove diceva di essere stato era il Trentino), mi sveglio, finalmente, oltre il circolo polare artico: uno spettacolo di neve e laghi ghiacciati mi accoglie, e quando scendo finalmente alla stazione di Abisko Ostra, nel punto più a nord della Svezia, posso finalmente esplodere di gioia: sono in Lapponia!
Sono l’unico (folle) che scende a questa fermata, e quando il treno si allontana mi lascia solo, nel freddo e nel vento gelido e sferzante della mattina lappone, in un luogo che è proprio come me lo ero immaginato: deserto, immerso nel bianco e nel silenzio (si sente solo il cigolio del cartello che indica il nome della stazione).
Un po’ spaesato, mi incammino fra le pochissime abitazioni intorno alla stazione, alla ricerca del mitico ostello di Abisko, di cui ho tanto sentito parlare e che ho una voglia matta di raggiungere subito, in modo da posare lo zainone e potermi subito incamminare alla scoperta di questo luogo meraviglioso.
D’improvviso, un angelo biondo dagli occhi azzurri appare dal cortile di una deliziosa casuccia rossa, e vedendomi un po’ spaesato mi indica, con una voce soave e dolcissima, la via per l’ostello (ah quanto amo la Svezia!). Attraverso quindi le rotaie del treno e mi ritrovo al limitare di una foresta innevata dove subito individuo l’ostello dove trascorrerò le due notti successive. Mi sistemo, mi faccio spiegare dal buon Thomas, il mitico gestore, come funzionano i bagni e la sauna, poi piazzo tutto in camera (sono da solo in una camerata da 8, quindi godo di una libertà davvero totale) ed esco, tutto imbacuccato, diretto verso l’immenso lago ghiacciato che ho visto poco prima dalla stazione.
Lo spettacolo che mi si para davanti dopo un po’ di cammino (non è facile trovare la strada per arrivare al lago) è davvero mozzafiato: una distesa immensa di ghiaccio, con lo sfondo di gigantesche montagne innevate, che mi toglie letteralmente il fiato; e il fatto che sia praticamente solo (persino quei piccoli segni di civiltà, come le motoslitte solitarie abbandonate nel ghiaccio, o qualche barca di legno qua e là, sembrano davvero oggetti dimenticati dal tempo e dal mondo) rende l’atmosfera ancora più magica ed irreale.
Costeggio il lago per un bel po’, scattando migliaia di foto (alcune le riporto più sotto), poi dopo un panino veloce al supermarket torno in direzione dell’ostello e mi addentro nella foresta innevata: poche case, che costituiscono di fatto il centro abitato di Abisko, e un gruppo di cuccioli Alaski che mi assalgono facendomi le feste mentre il loro padrone mi bestemmia dietro in svedese; mi allontano veloce (anche perché il tipo ha in mano un ascia gigantesca con cui stava spaccando la legna), e intravedo in lontananza due immense montagne, che formano una specie di “porta di neve”: si tratta del Lapporten, un luogo che sembra uscito da una saga nordica o da un fumetto di Thor.
Mi addentro così nella foresta, che presto si trasforma in una distesa immensa di pietre e neve, diretto appunto verso il Lapporten; ogni tanto sento un cane abbaiare in lontananza (e ciò mi spaventa un po’) oppure trovo qualche impronta gigantesca in cui c’entra tre volte il mi piede (e ciò mi spaventa ancora di più) ma imperterrito vado avanti: mi sembra di essere drogato, le gambe non sentono la stanchezza e vanno avanti da sole, e così contino a camminare, affascinato dall’immenso paesaggio e dagli scenari incontaminati che mi circondano.
Sono ormai le 5 del pomeriggio quando decido di fare dietrofront e di tornare all’ostello, anche se, lo confesso, sarei rimasto a camminare all’infinito!
Tornato in ostello, insieme a 3 trekker norvegesi e 4 (dico 4) ragazze di Copenaghen, ci fiondiamo nella sauna di Thomas, completamente nudi (la cosa all’inizio mi imbarazza un po’, ma poi tutto viene abbastanza naturale, anche se è difficile non ammirare le grazie delle 4 simpatiche amiche danesi) e, come si usa da queste parti, dopo la sauna, invece della doccia fredda, usciamo fuori (io con solo un asciugamanino a coprire le mie vergogne) nel freddo e nel gelo: che cosa entusiasmante!
E pensare che è la prima sauna della mia vita!!!
Rinfrancato da questa esperienza a dir poco mistica, mi cucino un piattone di spaghetti (ebbene si, all’ostello di Abisko abbiamo la pasta gratis!) con un po’ di tonno che ho comprato al supermarket, e poi mi metto a nanna: e il silenzio irreale del luogo in cui mi trovo, rotto solo ogni tanto da un cane che abbaia o dalla campanella della stazione che annuncia il passaggio del treno, mi dà proprio l’idea di essere su un altro pianeta.
25 aprile 2010
Oggi mi dedico alla visita dell’Abisko National Park, il parco naturale cui si accede direttamente dalla stazione ferroviaria di Abisko Touristation, a 5 minuti da Abisko Ostra.
Forse questo è, in assoluto, il giorno più bello di tutto il viaggio. La mattinata la impiego nel costeggiare infatti un immenso canyon che si trova nel bel mezzo del parco, un luogo che probabilmente d’estate è davvero uno spettacolo magnifico, con laghi, cascate e piccole caverne, e che ora è ovviamente tutto ghiacciato: una distesa bianca in mezzo a due crostoni di roccia che proseguono per diversi chilometri, con alcuni punti davvero di una bellezza inaudita: le cascate ghiacciate che creano stranissime figure di ghiaccio e neve, i piccoli laghetti creati dai primi ghiacci che si stanno sciogliendo, le caverne da cui vengono fuori enormi stalattiti e da cui provengono i dolcissimi rumori dell’acqua che scorre.
Costeggio, come detto, il canyon dal suo lato destro (un ponte collega le due estremità), godendomi lo spettacolo della natura incontaminata (per muovermi mi limito a seguire le orme di misteriosi personaggi che probabilmente mi hanno preceduto di poco, ma che non riuscirò mai a vedere realmente); nonostante ci siano in giro molti segni di presenze umane (noto addirittura alcune impronte dentro il canyon, tant’è che a un certo punto mi viene la pazza idea di scendervi, ma poi preferisco evitare di rischiare la vita), non c’è un anima nei paraggi, e le foto che ho scattato lo dimostrano ampiamente.
A ora di pranzo, mi allontano dal canyon e prendo un altro sentiero che mi sembra abbastanza percorribile dove non dovrei affondare nel metro e mezzo di neve che ricopre alcune zone del parco, mi siedo su una pietra gigante e mangio i panino che mi ero preparato la mattina; e, la cosa più bella, comincia a nevicare!
Siiiiiii!!! Sono solo, letteralmente solo, in mezzo ad una foresta bianca, su una pietra gigantesca a mangiare un panino sotto la neve!!! Non avrei sognato nulla di meglio davvero!
Dopo essermi ripreso da questa estasi mistica, riprendo il sentiero e mi ritrovo, come il giorno prima, a macinare diversi km nel bel mezzo di uno scenario fantastico: ad un certo punto infatti mi ritrovo ancora al limitare di un lago ghiacciato, molto più grande e sconfinato di quello del giorno prima ad Abisko. Mi siedo al limitare del lago, e mi tornano alla mente le parole di Werner Herzog, il grande regista bavarese, che diceva una cosa del tipo “Il mio sogno sarebbe di morire camminando. Vorrei cominciare a camminare senza meta, arrivare alla fine del mondo, e sparire, perdendomi nel nulla mentre cammino”. Ecco, in questo momento è proprio quello che vorrei: cominciare a camminare nel bel mezzo di questo lago, arrivare lì verso le montagne nascoste dalla nebbia, e perdermi in quel bianco immenso e sconfinato. Ecco, questo vorrei.
26 aprile 2010
Addio Abisko! Dopo due notti trascorse in questo luogo splendido (dove prima o poi tornerò, magari per vedere l’aurora boreale) saluto con una certa tristezza il buon Thomas e prendo il treno che in serata mi porterà nella mia prossima destinazione lappone: Jokkmokk! Alla prossima puntata!
27 aprile 2010
Jokkmokk è un paesino adorabile, non c’è che dire: la tipica località lappone, forse ancora più caratteristica di Abisko (che è invece in qualche modo più selvaggia e incontaminata): viali alberati con la neve accumulata ai bordi delle strade, un silenzio e una pace irreali, casette colorate che sembrano finte, piene di gente gentile, che ti saluta sempre cordialmente e che sembra davvero essere in pace con se stessa e con il mondo.
L’ostello dove alloggio è l’Asgard Hsotel (il nome richiama alla mia mentre il reame degli dei nordici che ho imparato a conoscere sui fumetti di Thor), casetta a due piani accogliente e silenziosa, semi-deserta (per tre giorni alloggio in una camerata da 8 posti nella più totale solitudine!).
Decido di impiegare il mio primo giorno pieno a Jokkmokk (sono infatti arrivato la sera prima) andando a visitare la vicina Vuollerim, dove pare si trovi un interessante insediamento preistorico sul quale è stato costruito un museo: prendo quindi l’autobus (piccola precisazione: a Jokkmokk non vi è una stazione ferroviaria, per cui il giorno prima da Abisko a Gallivare me la sono fatta in treno e da qui ho preso un autobus che in un’ora e mezza mi ha portato a Jokkmokk) e in mezz’ora arrivo a Vuollerim; rimango letteralmente incantato dagli scorci che questo delizioso centro cittadino mi offre (azzardando, posso dire che forse è ancora più bello della stessa Jokkmokk): la prima cosa che vedo è un lago ghiacciato, di un azzurro irreale, che si staglia dietro ad una chiesa bianca come la neve, con un pontile che affonda nel ghiaccio e le case colorate tutto intorno. Fantastico (vedere le foto appena sotto per credere!). Impiego tutto il giorno a girare questo paesino, addentrarmi nelle sue stradine imbiancate, e il piacere di aver scoperto un posto così straordinario lascia persino passare in secondo piano il fatto che il museo che volevo visitare è chiuso!
Trascorro alcune ore addentrandomi nell’EkoPark, immensa distesa di verde dove cammino per chilometri e chilometri da solo, ritrovandomi ad un certo punto in un luogo che sembra uscito da una fiaba: un ponte da cui sulla sinistra si può vedere una distesa di ghiaccio in procinto di sciogliersi, e sulla destra un ruscello il cui rumore dell’acqua che scorre nel silenzio più totale dà un senso di pace e di beatitudine assoluti (tant’è che mi siedo su un masso, con i piedi nell’acqua, e consumo il panino che mi ero preparato a Jokkmokk).
Il resto della giornata, come detto, lo impiego girovagando senza meta (cosa c’è di più bello?) per Vuollerim, da cui davvero non vorrei andare via. Alle 6 però prendo il pullman che mi riporta a Jokkmokk, nel delizioso Asgard Hotel.
Va detto che infatti la giornata in Lapponia di fatto finisce alle 5 (nonostante il sole vada via solo verso le 9 e mezza in questo periodo), per cui non si può certo pensare di andare in un pub o in un qualche locale la sera: mi accontento quindi di cucinarmi un piatto di pasta (che è gratis all’Asgard Hostel, così come lo era nell’ostello di Abisko) dopo avere impiegato mezz’ora a capire come accendere il fornello elettrico, e poi mi fiondo nel lettuccio.
28 aprile 2010
Questa giornata la dedico totalmente a Jokkmokk, che non ho esplorato per bene nei due giorni precedenti, preso dall’arrivo in ostello prima e dalla visita a Vuollerim poi. Come ho già detto, Jokkmokk è il tipico paesino lappone per il quale, un po’ come per Vuollerim, non ti stancheresti mai di girovagare. Nei miei vagabondaggi però vi sono due mete ben precise: il museo sulla cultura sami, che si trova proprio vicino all’ostello, e il mercatino sami.
Nel museo è possibile ammirare i costumi, i manufatti artigianali, ed una ricostruzione della storia e delle abitudini di vita del popolo lappone (i sami appunto). Rimango tremendamente affascinato da questa gente che ha conservato le proprie usanze e i propri stili di vita attraverso i secoli, mantenendo intatte le proprie tradizioni e non scordando le proprie origini. Al mercatino invece è possibile acquistare numerosi oggetti fatti a mano dai sami stessi (in città è presente anche una scuola, dove ai più piccoli vengono tramandate le tecniche di lavorazione manuale con cui questi oggetti vengono fabbricati).
Acquisto un po’ di regalini (costano un bel po’, ma ne vale la pena), più un cappello sami rosso tutto per me, e poi riparto in giro per Jokkmokk: qualche altra ora di vagabondaggio, poi, come il giorno precedente, super-piatto di pasta e lettuccio caldo.
29 aprile 2010
E’ difficile spiegare le sensazioni che provo nell’abbandonare la Lapponia. In fondo, già prima di partire sapevo, quasi fosse un presentimento, che mi sarei innamorato di questi posti, che avrei visto scenari incredibili camminando da solo per chilometri e chilometri nella neve e nel ghiaccio. Questa consapevolezza già prima di partire aveva addirittura fatto accrescere il desiderio e la voglia, oltre che la curiosità, di vedere questi luoghi magnifici, e il rischio avrebbe potuto essere alla fine quello di vedere deluse le mie grandi aspettative. Inutile dirlo, ma lo avrete già capito da quanto ho scritto, che non è stato così. Credo infatti che questi luoghi, dove indubbiamente prima o poi tornerò (ho ancora da esplorare la lapponia finlandese e norvegese, senza dimenticare quella ancora più estrema e selvaggia della russia) mi rimarranno sempre nel cuore, e non trovo le parole per descrivere i sentimenti che ho provato, prima nel pullman che mi portava da Jokkmokk a Gallivare, poi nel treno notturno che mi riportava a Stoccolma (da cui partiva l’aereo per l’Italia), nell’abbandonarli. Posso solo consigliarvi con tutto il cuore di andarci, e di godere appieno della loro magia.
Ciao Lapponia, questo non è un addio, ma un arrivederci!